Toni Servillo legge Benedetto Croce
Pagine autobiografiche
Abituato a prendere appunti e fare schede per gli autori che studio e che mi sono più particolarmente cari (donde le parecchie «bibliografie» da me pubblicate), osservo questa pratica anche verso me stesso, che mi studio e, in certa misura almeno, com’è naturale, mi sono caro: sicché il materiale qui mi abbonderebbe e, disposto in bell’ordine, mi darebbe la soddisfazione di un padre e di un nonno, che contempli intorno a sé larga progenie di figliuoli e di nipotini. Ma, se facessi ciò, scriverei quelle «memorie», le quali non mi sono proposto di scrivere per la semplice ragione che non ne vedo l’utilità e certamente non ne sento l’urgenza, e le quali anzi mi ripugnerebbe scrivere, perché, se non cado nella stravaganza di aborrire me stesso, non ho poi l’animo di parlare di me, quando ciò non mi sembra utile a cosa alcuna.
E utile mi è sembrato invece questo tentativo di analisi del mio svolgimento etico e intellettuale, e perciò mi son provato a farlo.
Benedetto Croce, Contributo alla critica di me stesso
In Croce è fondamentale, ma non sempre è stato notato adeguatamente e messo nel dovuto risalto, il rapporto di tensione tra la vita e l’opera, che per lui è l’unica cosa che veramente conta e che si stacca dalla personalità, perché è frutto di una collaborazione tra l’autore e il contesto. Quindi la recezione con la quale il testo prodotto viene accolto, il contesto storico e letterario critico in cui si colloca tutto questo fa dell’opera qualcosa di autonomo. Tuttavia, in Croce abbiamo un interesse non solo per l’autobiografia ma anche per il biografismo in generale, Croce tenne per circa quarantaquattro anni un diario modestamente intitolato Taccuini di lavoro nel quale registrava in modo quasi notarile le cose che faceva durante la giornata, le letture le stesure dei testi le revisioni gli incontri. Tutto questo avviene con una cadenza regolare anche monotona salvo i periodi in cui Croce assunse direttamente un ruolo politico e diplomatico, soprattutto nei mesi successivi alla caduta di Mussolini. Questa parte del Diario Croce decise di renderla pubblica con il titolo Quando l’Italia era divisa in due.
Mauro Visentin
Ora, la vita intera è preparazione alla morte, e non c’è da fare altro sino alla fine che continuarla, attendendo con zelo e devozione a tutti i doveri che ci spettano. La morte sopravverrà a metterci a riposo, a toglierci dalle mani il compito a cui attendevamo; ma essa non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare.
Vero è che questa preparazione alla morte è intesa da taluni come un necessario raccoglimento della nostra anima in Dio; ma anche qui occorre osservare che con Dio siamo e dobbiamo essere a contatto in tutta la vita, e niente di straordinario ora accade che c’imponga una pratica inconsueta. Le anime pie di solito non la pensano così, e si affannano a propiziarsi Dio con una serie di atti che dovrebbero correggere l’ordinario egoismo della loro vita precedente, e che invece sono l’espressione ultima di questo egoismo.
Benedetto Croce, Soliloquio, Terze pagine sparse
Per Croce tutto il tempo che non era dedicato alla scrittura, alla lettura, alla riflessione critica e filosofica era tempo perso.
Mauro Visentin
In fondo tutto il suo pensiero potremmo risolverlo in un tentativo di individualizzare l’universale e universalizzare l’individuale, in questo in fondo consiste l’essenza del suo spiritualismo storicistico
Mauro Visentin