Andrea Torre. Le ragioni di una «industria mentale»
Imprese ed emblemi come spie ermeneutiche
In uno dei saggi del volume Poeti e scrittori del pieno e tardo Rinascimento, Croce definisce uno dei campi culturali che caratterizzano il Rinascimento italiano, che è quello dedicato ai trattati sulle imprese.
Questo fenomeno culturale conosce un momento di particolare espansione tra Rinascimento ed età barocca, caratterizzando la prima età moderna, che poteva definirsi una società dell’immagine, e un grandissimo interesse critico nella seconda metà del XX secolo.Le imprese e gli emblemi, che Croce studia e mostra al grande pubblico, sono espressioni culturali e artistiche, che si fondano sulla fertile interazione tra parola e immagine. Espressioni che hanno una tradizione lunghissima che risale ai geroglifici egiziani e arriva fino ai nostri giorni, basti pensare ai rebus enigmistici, ai meme nei social media, che non sono altro che un fertile nodo di parole e immagini.
A differenza di Mario Praz, che considerava il fenomeno culturale delle imprese e degli emblemi come un capitolo della storia del gusto e della cultura dell’età moderna, Croce lo identificava come uno dei sintomi della decadenza politica, morale e culturale dell’età che va dalla seconda metà del XVI e la fine del XVII secolo. Anche attraverso le imprese e gli emblemi, il filosofo cerca di riannodare un filo tra Rinascimento e Risorgimento, attraverso la personalità e l’opera di Giambattista Vico (Napoli 1668 - 1744). Proprio la capacità di Vico di dare profondità filosofica a questa esperienza espressiva è il modo di elevare un fenomeno di costume ad una forma di pensiero.Emblemi e imprese servivano a comunicare messaggi spesso in modo criptico. La forma impresa era una forma simbolica che si costitutiva come una sorta di ritratto cifrato di chi la portava, l’emblema, invece, era una forma simbolica che utilizzava gli stessi strumenti, ma per comunicare delle verità soprattutto di carattere generale e morale.
Andrea Torre è professore associato di Letteratura italiana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove insegna Letteratura italiana del Rinascimento. È stato docente anche presso le università di Potenza e Parma, e allo Iuss di Pavia. Editore e commentatore di testi poetici e filosofici cinque-secenteschi conduce ricerche: su Petrarca e la ricezione petrarchesca; sulla poesia rinascimentale; sulla fortuna della mitologia classica in età moderna; e più in generale sui rapporti tra letteratura e arti visive. Ha composto saggi su Ariosto, Dante, Dolce, Flaiano, Marino, Torelli, Tasso e Tesauro. Autore delle monografie Petrarcheschi segni di memoria. Spie postille metafore (Pisa, 2007), Vedere versi. Un manoscritto di emblemi petrarcheschi (Napoli, 2012) e Scritture ferite. Innesti, doppiaggi e correzioni nella letteratura rinascimentale (Venezia, 2019), ha curato l’antologia di testi Variazioni su Adone I. Favole lettere idilli (1532-1623) (Lucca, 2009), il volume Letteratura e arti visive nel Rinascimento (Roma, 2019, insieme a Gianluca Genovese), e la raccolta di saggi The Wounded Body. Memory, Language and the Self from Petrarch to Shakespeare (New York, 2022, insieme a Fabrizio Bondi e Massimo Stella). Attualmente sta coordinando un progetto di commento a più voci dei Triumphi di Petrarca.