Domenico Conte. Karl Jaspers
Crisi ed equipaggiamento per il futuro
Nel 1931, al «muro del tempo», Karl Jaspers pubblica La situazione spirituale del tempo, una diagnosi spietata del mondo contemporaneo a partire dalla sua massificazione. Oggi noi ci sentiamo – osserva Jaspers già nell’Introduzione – «come se il terreno ci franasse sotto i piedi». Ovunque penetra e si espande un senso di «impotenza», «che opprime». «Tutto è in crisi».
Nella dimensione dell’«esserci» circola e domina di conseguenza la «paura di vita». «L’uomo si sente minacciato», scrive Jaspers. «Una paura di vita quale mai forse si conobbe – egli afferma – accompagna in modo inquietante l’uomo moderno». L’uomo moderno «ha paura», «la paura si getta su tutto» e questa paura di vita precipita sul «corpo», con la conseguenza di un «senso crescente di insicurezza vitale».
Con l’unificazione del pianeta è iniziato un processo di livellamento che si osserva con orrore. Ciò che oggi diviene comune a tutti è caratterizzato dalla superficialità, da inutilità e indifferenza. Si vuole questo livellamento come se esso portasse all’unificazione dell’umanità. Nelle piantagioni dei tropici come nei villaggi di pescatori del nord si vedono i film delle metropoli. Ovunque ci si veste nello stesso modo. Le medesime maniere, gli stessi balli, gli stessi sport, identici slogan espressi in un pasticcio linguistico in cui si combinano insieme illuminismo, positivismo anglosassone e tradizione teologica si diffondono sul globo terrestre. Nei congressi mondiali si favorisce questo livellamento, quando, invece di entrare nell’autentica comunicazione di ciò che è eterogeneo, ci si vuole accordare intorno agli elementi comuni della religione e della concezione del mondo. Le razze si mescolano. Le civiltà storiche si staccano dalle loro radici e si precipitano nel mondo tecnico-economico e in una vuota intellettualità.
Karl Jaspers
Il libro Origine e senso della storia del 1949 è il libro di Storia universale di Jaspers che, partendo dall’analisi della situazione spirituale del presente, ripercorre tutta la storia dell’uomo fino alla preistoria.
Quel che può avvenire dell’uomo è, oggi, quasi improvvisamente, diventato manifesto attraverso una mostruosa realtà che sta di fronte ai nostri occhi come un simbolo dell’estremo limite: i campi di concentramento nazisti con le loro torture, alla fine delle quali si trovano le camere a gas e i forni crematori per milioni di persone; realtà a cui corrispondono notizie su procedimenti analoghi in altri regimi totalitari, benché solo i nazisti abbiano perpetrato un aperto sterminio di massa con camere a gas. Si è aperto un baratro. Si è visto che cosa l’uomo può fare.
Karl Jaspers
Con La bomba atomica e il destino dell’uomo del 1958, Jaspers, filosofo dell’esistenza, affronta l’eventualità della scomparsa dell’esistenza.
Forse l’uomo scomparirà e se ciò avverrà, non sarà però a causa di una colpa ontologica, la Geworfenheit, ovvero per essere stato egli «gettato nel mondo», «volente non volutosi», bensì per una colpa storica, l’olocausto nucleare. Questo significherebbe per gli uomini tutti, per la razza umana, proprio per noi, di non essere stati all’altezza del nostro compito e della nostra responsabilità. Incombe spaventoso lo spettro del fallimento dell’«esperimento uomo» sul pianeta Terra, come diceva Thomas Mann. Nel libro si avverte forte l’eco dei fatti d’Ungheria del 1956.
Di fronte alla minaccia di un totale annientamento siamo sospinti alla riflessione sul senso della nostra esistenza.
Karl Jaspers
Non c’è dubbio: la bomba mette in pericolo l’esistenza dell’uomo, la sua esistenza fisica. Ma v’è qualcosa che mette in pericolo la sua esistenza spirituale, ed è il totalitarismo. Cosa è peggio? Lo spettro del totalitarismo, il pericolo rappresentato non più dalla Germania nazista, ormai crollata, bensì dalla Russia trasformatasi in Unione Sovietica percorre come un filo rosso tutto il libro di Jaspers.
In confronto della storia della Terra (nell’ordine di grandezza di due miliardi di anni); in confronto della storia molto più breve della vita sulla Terra (nell’ordine di grandezza di mezzo miliardo di anni); in confronto delle centinaia di migliaia di anni in cui, com’è dimostrato da resti ossei, esseri umani vissero sulla Terra – di durata effimera, ripetiamolo pure, è stata la storia dell’umanità che conosciamo e in cui l’uomo ha avuto coscienza di se stesso come storia. Dal punto di vista temporale questa storia è come il primo minuto di un nuovo divenire. È appena cominciata. Non si può porre in sufficiente risalto questo fatto fondamentale.
Karl Jaspers
Soltanto un minuto, epperò non fugace, bensì decisivo. Ecco allora delinearsi nello Jaspers di Vom Ursprung und Ziel der Geschichte, l’idea dell’equipaggiamento: la storia umana, breve e rapida rispetto agli incommensurabili tempi geologici e cosmici, un battito di ciglia, altro non è che lo spazio di tempo necessario per munirsi dell’equipaggiamento adatto, come la tuta dell’astronauta in procinto di lanciarsi negli spazi interstellari. Un «equipaggiamento per il futuro».
Domenico Conte è professore ordinario di Storia della filosofia nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove attualmente insegna Filosofia e storia della cultura e coordina il Corso di dottorato in Scienze Filosofiche. È membro dell’Accademia Pontaniana e dell’Accademia di Scienze Morali e Politiche, di cui è stato per due mandati Presidente. È stato anche Presidente Generale della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli. Domenico Conte è studioso della storia della cultura italiana e tedesca fra Otto e Novecento. Fra le sue pubblicazioni si ricordano: Viandante nel Novecento. Thomas Mann e la storia (2019); Primitivismo e umanesimo notturno. Saggi su Thomas Mann (2013); Albe e tramonti d’Europa. Su Jünger e Spengler (2009); Storia universale e patologia dello spirito. Saggio su Croce (2005, trad. tedesca 2007), per il quale ha ricevuto il «Premio Federico Chabod» dell’Accademia dei Lincei; Introduzione a Spengler, 1997 (trad. tedesca 2004); Catene di civiltà. Studi su Spengler, 1994.