Lidia Palumbo. In ricordo di Giovanni Casertano
Una grande lezione filosofica
Giovanni Casertano è stato un eminente storico della filosofia antica, infaticabile lettore, brillante scrittore, uomo di grande intelligenza e potenza comunicativa, ateo e comunista, per anni segretario personale di Amadeo Bordiga, Giovanni Casertano ha educato generazioni di allievi al pensiero critico, allo studio storico dei frammenti dei presocratici, alla comprensione filosofica e letteraria dei dialoghi di Platone. La sua produzione scientifica conta più di trecento titoli.
Negli anni 80 Casertano era impegnato a spiegare le filosofie dei presocratici o, come lui diceva, “il modo arcaico in cui accadde che le cose incontrarono il logos”. Secondo Casertano, infatti, fare storia della filosofia significa ricostruire i modi in cui, nella mente come nella storia, i fatti accedono all'espressione e si creano delle articolazioni significanti che danno alle cose un senso.
Non negare mai al pensiero il tempo del dubbio, il tempo della domanda di spiegazione, della discussione: era questo lo scenario che Casertano andava disegnando fin dai primi tempi del suo insegnamento, per contestualizzare la questione da lui a lungo studiata della nascita della filosofia.
La filosofia è sempre in qualche modo neonata, nasce e rinasce sempre, rinnovandosi ogni volta che un uomo o una donna, più spesso un gruppo, si interrogano sulla natura delle cose, del cielo e della terra, del corpo e della mente, della guerra e della pace.
Gli studi di Casertano su Parmenide hanno avuto rilevanza internazionale, capovolgendo letteralmente la visione di Parmenide nella storiografia filosofica. Casertano spiegava che per comprendere Parmenide è necessario comprendere la potente astrazione del concetto di universo che Parmenide inserisce nella storia della filosofia dell’occidente: la realtà è un tutto unitario ed eterno, non soggetto né a nascita né a morte, un tutto esente da mutamento e comprendente al suo interno le cose mobili, che nascono e che muoiono, che infinitamente mutano e tra queste cose l'uomo, cosa tra le cose, che, pensata come parte mutevole di un tutto immobile, è anch’essa in un certo modo eterna.La questione della nascita della filosofia è sempre, fin dall’antichità, occasione rinnovata di storiografia filosofica, domanda sul senso dell'origine e sull'origine del senso.
Interpretando Il Fedone di Platone, Casertano, ha ricostruito il significato laico e antimetafisico della concezione platonica della filosofia come esercizio di morte, che è l’esercizio di distacco da quel tipo di vita che conduce la maggioranza degli umani, dediti a inseguire piaceri, ricchezza e potere, una vita che è negazione della filosofia. In questo senso la filosofia è esercizio di morte, non nell'ottica ascetica e mistica, che contrappone l'anima al corpo, considerando l'anima degna di ogni cura il corpo di ogni disprezzo, ma piuttosto, invece, nell'ottica filosofica che contrappone due tipi di vita, una vita secondo l'anima, metafora di conoscenza e di giustizia, e una vita secondo il corpo, metafora di superficialità, di apparenza e di vanità.Casertano era un critico infaticabile di ogni assolutismo ermeneutico e ha formato generazioni di allievi al costume del dialogo, ritenendo che il dialogo fosse la vera grande lezione filosofica ereditata dalla tradizione socratico platonica.
Appassionato studioso della filosofia dei sofisti, Casertano è venuto a poco a poco maturando l'idea che Platone sia stato il più grande dei sofisti, che abbia appreso la grande lezione protagorea sul relativismo geologico, la grande lezione gorgiana sull’incanto del pubblico e la gestione delle emozioni, la grande lezione antifontea sulla filosofia come etica dell'esistenza, e le abbia fatte proprie, superandole con la fondazione della teoria delle idee.