Elio Vittorini e Vincenzo Consolo
Due scrittori e la loro isola
Io ero, in quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica che erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo. Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi, e io avevo le scarpe rotte, l’acqua che entrava nelle scarpe, e non vi era più altro che questo: pioggia, massacri sui manifesti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte, muti amici, la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete.
La città di Cefalù è lo sfondo del romanzo Nottetempo casa per casa di Vincenzo Consolo, un libro sulla speranza nella storia e nella confederazione tra gli uomini per la vittoria sul dolore dell’esistenza pubblicato nel 1992 e vincitore del Premio Strega. Protagonista il giovane Pietro Marano.
E la chiarìa scialba all'oriente, di là di Sant'Oliva e della Ferla, dall'imo sconfinato della terra sorgeva nel vasto cielo, si spandeva - ogni astro, ogni tempo rinasce alle scadenze, agli effimeri, ai perenti si negano i ritorni, siamo figli del Crudele, pazienza. Sorgeva l'algente luna in quintadecima e rivelava il mondo, gli scogli tempestosi e il mare alla Calura, stagliava le chiome argentee, i tronchi degli ulivi. Sopra la collina Santa Barbara, in cima, sul declivio, per la pianura breve, contro la vaga luce mercuriale, parevan sradicarsi, muover dondolando, in tentativo di danza, in mutolo corteo, aspri, rugosi, piagati dalle folgori, maculati da lupe, da fumiggini, spansi o attorti con spasimo in se stessi...
Elio Vittorini (Siracusa, 1908 – Milano, 1966), scrittore, critico letterario e traduttore, da ragazzo fa l'operaio; si rivela intorno al 1927, nell'ambiente fiorentino di Solaria; dopo la Liberazione dirige a Milano la rivista Il Politecnico (1945-47), di tendenza comunista; poi, presso l'editore Einaudi, la collezione letteraria I gettoni, che scopre nuovi scrittori; infine la collezione Medusa dell'editore Mondadori e, con Italo Calvino, i quaderni di letteratura Il menabò. Nei suoi primi racconti (Piccola borghesia, 1931; Il garofano rosso, 1933-35, Nei Morlacchi - Viaggio in Sardegna, 1936) oscilla fra una memoria proustiana e un realismo spesso crudo; ma con Conversazione in Sicilia (1941), comincia a trarre dal mondo dei ricordi figurazioni mitiche della vita del mondo offeso dal male. Dopo Uomini e no, romanzo ispirato alla Resistenza italiana, scrive Il Sempione strizza l'occhio al Fréjus (1947), Le donne di Messina e La garibaldina (1956). Raccoglie i suoi scritti critici, letterari e di costume in Diario in pubblico (1957). Diverse le pubblicazioni postume di sue opere.