Il sanguigno Carducci raccontato da Vittorio Gassman
Sui luoghi del poeta
T’amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m’infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi,
0 che al giogo inchinandoti contento
L’agil opra de l’uom grave secondi:
Ei t’esorta e ti punge, e tu co ‘l lento
Giro de’ pazienti occhi rispondi.
Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirto, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aer si perde;
E del grave occhio glauco entro l’austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quieto
Il divino del pian silenzio verde.
Giosuè Carducci (Valdicastello di Pietrasanta, 1835 – Bologna, 1907), sommo poeta, fu autore di opere quali Odi barbare (1873-1889) e le Rime nuove (1861-1887), si dedica dapprima all’insegnamento, per seguire, più tardi, il forte il richiamo per la politica, che va di pari passo con la sua ricerca poetica. Mazziniano da un lato e classicista dall’altro, si oppone al tardo romanticismo della sua epoca. Ma la fede repubblicana va via via affievolendosi, fino a diventare, nel 1878, con l’Ode alla regina d’Italia, poeta ufficiale di Casa Savoia. Nel 1906, un anno prima della sua morte, gli viene assegnato il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: «Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile e alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica», fu il primo scrittore italiano della storia al quale è stata conferita questa prestigiosa onoreficenza.