Il Natale nella Letteratura
Articolo di Francesco Troiano
Non si può non cominciare con Cantico di Natale, la novella scritta da Charles Dickens nel 1843 che è divenuta emblema dello spirito della festività, nei paesi anglosassoni soprattutto. La conversione di Ebenezer Scrooge, spietato affarista che ha come sola religione il denaro, non conosce il significato della parola caritatevole e rifiuta al proprio dipendente un pezzo di carbone per scaldarsi, propone - grazie a una scaltrita tecnica narrativa - delle riflessioni di speciale importanza: i temi della mmiseria e dello sfruttamento minorile vi sono, infatti, trattati in maniera diretta. Se la storia possiede parecchio della sacra rappresentazione medievale, il risultato prende la forma di un apologo impeccabile, parecchie volte trasposto per il grande schermo - l'ultima, in A Christmas Carol (2009) di Robert Zemeckis - con esiti, per la verità, mai del tutto soddisfacenti.
Quasi altrettanto popolare è, nel tempo, diventato anche Un Natale (1956) di Truman Capote. Racconto autobiografico in larga misura, ambientato negli anni '30, descrive un periodo nell'esistenza del narratore, quando egli era solo settenne ed aveva, quale migliore amica, una signora d'età, sua lontana cugina. I temi della perdita e della solitudine emergono con evidenza da codesto acquarello di gran forza evocativa, in cui la gioia di donare ha particolare rilievo ed importanza.
Impossibile non citare un'altra storia breve, Il dono (1952) di Ray Bradbury. Collocato nello spazio il 24 dicembre 2052, di genere fantascientifico come molta dell'opera dell'autore di Cronache marziane (1950), vede al proprio centro i desideri di un padre, di una madre e d'un figliolo: e diteggia sul tema dell'immutabilità del sentimento in detta, particolare giornata dell'anno, qualsivoglia siano le coordinate spazio-temporali in cui ci si trova.
Stupendo è, pure, Il mio Natale nel Galles (1952) di Dylan Thomas: il poeta e scrittore gallese vi ritrae - in forma quasi aneddotica - il Natale attraverso gli occhi di un ragazzino, così indulgendo alla nostalgia per un passato semplice e felice.
I classici ci sembrano, decisamente, questi, ma l'argomento non si esaurisce certo qui: ad esempio, vi sono romanzi in cui il Natale, seppur non centrale, conserva una certa importanza. Non è un caso, ad esempio, che Louisa May Alcott in Piccole donne (1868-69) collochi le vicende della sua saga familiare giusto tra un Natale e l'altro. E aggiunge fascino, sicuramente, la peculiare atmosfera di festa al mistero della camera chiusa disvelato - come d'uso - dal detective belga Hercule Poirot in Un Natale di Poirot (1939) di Agatha Christie. Un altro mystery sotto l'albero è, poi, Il carbonchio azzurro (1892) di Sir Arthur Conan Doyle, una delle 56 short stories facenti parte della raccolta Le avventure di Sherlock Holmes. Curioso, poi, che lo specialista del legal thriller John Grisham abbia, invece, abbandonato il genere prediletto per un bizzarro apologo, Fuga dal Natale (2001), prendendo di mira - non senza cattiveria - il consumismo e l'ipocrisia imperanti attorno ad una festività che dovrebbe avere connotazioni religiose.
A conclusione della nostra ricognizione senza alcuna pretesa di esaustività, ci pare doveroso ricordare che il teatro ha, esso pure, ambientato tra il 24 ed il 25 dicembre lavori memorabili: basti, qui, segnalare l'atto unico Il lungo pranzo di Natale (1931) di Thornton Wilder e Natale in casa Cupiello (1931) di Eduardo De Filippo. La diatriba tra padre e figlio sul presepe, nella pièce nostrana, è tra i tormentoni più irresistibili veduti in palcoscenico; e l'attesa messianica che, imprevista, muta in tragedia, dimostra come il volto dolente degli eventi scelga di palesarsi quando meno ci s'attende. Magari, proprio a Natale.
Quasi altrettanto popolare è, nel tempo, diventato anche Un Natale (1956) di Truman Capote. Racconto autobiografico in larga misura, ambientato negli anni '30, descrive un periodo nell'esistenza del narratore, quando egli era solo settenne ed aveva, quale migliore amica, una signora d'età, sua lontana cugina. I temi della perdita e della solitudine emergono con evidenza da codesto acquarello di gran forza evocativa, in cui la gioia di donare ha particolare rilievo ed importanza.
Impossibile non citare un'altra storia breve, Il dono (1952) di Ray Bradbury. Collocato nello spazio il 24 dicembre 2052, di genere fantascientifico come molta dell'opera dell'autore di Cronache marziane (1950), vede al proprio centro i desideri di un padre, di una madre e d'un figliolo: e diteggia sul tema dell'immutabilità del sentimento in detta, particolare giornata dell'anno, qualsivoglia siano le coordinate spazio-temporali in cui ci si trova.
Stupendo è, pure, Il mio Natale nel Galles (1952) di Dylan Thomas: il poeta e scrittore gallese vi ritrae - in forma quasi aneddotica - il Natale attraverso gli occhi di un ragazzino, così indulgendo alla nostalgia per un passato semplice e felice.
I classici ci sembrano, decisamente, questi, ma l'argomento non si esaurisce certo qui: ad esempio, vi sono romanzi in cui il Natale, seppur non centrale, conserva una certa importanza. Non è un caso, ad esempio, che Louisa May Alcott in Piccole donne (1868-69) collochi le vicende della sua saga familiare giusto tra un Natale e l'altro. E aggiunge fascino, sicuramente, la peculiare atmosfera di festa al mistero della camera chiusa disvelato - come d'uso - dal detective belga Hercule Poirot in Un Natale di Poirot (1939) di Agatha Christie. Un altro mystery sotto l'albero è, poi, Il carbonchio azzurro (1892) di Sir Arthur Conan Doyle, una delle 56 short stories facenti parte della raccolta Le avventure di Sherlock Holmes. Curioso, poi, che lo specialista del legal thriller John Grisham abbia, invece, abbandonato il genere prediletto per un bizzarro apologo, Fuga dal Natale (2001), prendendo di mira - non senza cattiveria - il consumismo e l'ipocrisia imperanti attorno ad una festività che dovrebbe avere connotazioni religiose.
A conclusione della nostra ricognizione senza alcuna pretesa di esaustività, ci pare doveroso ricordare che il teatro ha, esso pure, ambientato tra il 24 ed il 25 dicembre lavori memorabili: basti, qui, segnalare l'atto unico Il lungo pranzo di Natale (1931) di Thornton Wilder e Natale in casa Cupiello (1931) di Eduardo De Filippo. La diatriba tra padre e figlio sul presepe, nella pièce nostrana, è tra i tormentoni più irresistibili veduti in palcoscenico; e l'attesa messianica che, imprevista, muta in tragedia, dimostra come il volto dolente degli eventi scelga di palesarsi quando meno ci s'attende. Magari, proprio a Natale.