Canto 2 - Marmo
Inferno
QUASI UN DIARIO DI VIAGGIO di Lamberto Lambertini
Perdersi tra i muti monumenti di Staglieno. Questo s'era deciso da prima, a tavolino. Nell'attraversare la soglia della morte, anche Dante tentenna. Vorrebbe tornare indietro. Virgilio lo scuote, il gran viaggio può avere inizio. Ma che paura! Anche per noi. Ci ha pensato Mazzini, a convincerci, lui che ancora sembra governare, dall'alto dell'ombrosa collina, sul divino silenzio delle tombe.
Cimitero monumentale di Staglieno (Genova)
E' un vero e proprio museo d'arte all'aria aperta dell’arte funeraria otto-novecentesca, un tesoro di scultura neoclassica, neogotica e liberty. Realizzato a metà Ottocento è caratterizzato da un susseguirsi di portici, sculture, cappelle e da un imponente Pantheon sulla sommità di una lunga scalinata.
Genovesi illustri riposano nello splendido cimitero: da Giuseppe Mazzini a Fabrizio De Andrè, da Nino Bixio a Ferruccio Parri.
Sinossi a cura di Aldo Onorati
È il venerdì santo, verso il tramonto del giorno. La scena si delinea sul pendio lieve del colle della Grazia. Dante si prepara, unico fra i vivi, a fare il periglioso ma inevitabile viaggio nel regno dei morti, agli inferi. I primi 6 versi descrivono il calare della sera, quando l’oscurità toglie dal lavoro gli esseri viventi, mentre lui soltanto si “apparecchiava a sostener la guerra/ sì del cammino e sì della pietate, /che ritrarrà la mente che non erra” (v. 4-6).
Il lettore si dovrà abituare alle invocazioni da parte del Poeta alle muse (e poi alla stessa divinità impersonata da Apollo nel I canto del Paradiso), affinché lo assistano a tenere a mente quanto vedrà di eccezionale, per poterlo narrare ai contemporanei e ai posteri. Si viene man mano delineando una missione speciale, che Dante pellegrino ancora non intende, né forse sospetta. Infatti, rivolge a Virgilio alcuni dubbi per venire rassicurato da lui sui pericoli e le possibilità di compiere un viaggio insolito, realizzato soltanto da uomini eccezionali quali Enea e san Paolo, ma essi perseguivano fini superiori: politici il troiano, religiosi Paolo di Tarso. “Ma io, perché venirvi? O chi ‘l concede? / Io non Enea, io non Paulo sono;/ me degno a ciò né io né altri crede” (v. 31-33), dice Dante, indirettamente ponendo le basi della sua importanza provvidenziale, perché a lui sarà affidato il compito di mettere per iscritto la propria esperienza al fine di salvare l’umanità dai rischi del peccato (Gioachino da Fiore parla dell’eEà dello Spirito, infatti).
È dunque necessario che Virgilio, a questo punto, parli chiaro. Mentre si trovava nel Limbo, giunse a pregarlo personalmente Beatrice, mossa da un trepido amore, affinché il grande saggio antico –che Dante ammirava quale Maestro –ponesse i suoi servigi e le capacità di persuasione finalizzati alla salvazione del Fiorentino. Inoltre, Virgilio rincara la dose, stringendo il Poeta smarrito dentro un cerchio da cui non può fuggire: la Vergine Maria, e santa Lucia di cui Dante era doevitissimo in seguito a una grave malattia agli occhi, avevano persuaso Beatrice a correre in aiuto del suo amico che l’aveva così tenacemente amata in vita.
La volontà di entrambi è una: procedi –afferma l’Alighieri, rivolto alla Guida, al Signore e al Maestro.
Appena Virgilio si mosse, il discepolo entrò con lui nel cammino arduo e selvaggio.
Perdersi tra i muti monumenti di Staglieno. Questo s'era deciso da prima, a tavolino. Nell'attraversare la soglia della morte, anche Dante tentenna. Vorrebbe tornare indietro. Virgilio lo scuote, il gran viaggio può avere inizio. Ma che paura! Anche per noi. Ci ha pensato Mazzini, a convincerci, lui che ancora sembra governare, dall'alto dell'ombrosa collina, sul divino silenzio delle tombe.
Cimitero monumentale di Staglieno (Genova)
E' un vero e proprio museo d'arte all'aria aperta dell’arte funeraria otto-novecentesca, un tesoro di scultura neoclassica, neogotica e liberty. Realizzato a metà Ottocento è caratterizzato da un susseguirsi di portici, sculture, cappelle e da un imponente Pantheon sulla sommità di una lunga scalinata.
Genovesi illustri riposano nello splendido cimitero: da Giuseppe Mazzini a Fabrizio De Andrè, da Nino Bixio a Ferruccio Parri.
Sinossi a cura di Aldo Onorati
È il venerdì santo, verso il tramonto del giorno. La scena si delinea sul pendio lieve del colle della Grazia. Dante si prepara, unico fra i vivi, a fare il periglioso ma inevitabile viaggio nel regno dei morti, agli inferi. I primi 6 versi descrivono il calare della sera, quando l’oscurità toglie dal lavoro gli esseri viventi, mentre lui soltanto si “apparecchiava a sostener la guerra/ sì del cammino e sì della pietate, /che ritrarrà la mente che non erra” (v. 4-6).
Il lettore si dovrà abituare alle invocazioni da parte del Poeta alle muse (e poi alla stessa divinità impersonata da Apollo nel I canto del Paradiso), affinché lo assistano a tenere a mente quanto vedrà di eccezionale, per poterlo narrare ai contemporanei e ai posteri. Si viene man mano delineando una missione speciale, che Dante pellegrino ancora non intende, né forse sospetta. Infatti, rivolge a Virgilio alcuni dubbi per venire rassicurato da lui sui pericoli e le possibilità di compiere un viaggio insolito, realizzato soltanto da uomini eccezionali quali Enea e san Paolo, ma essi perseguivano fini superiori: politici il troiano, religiosi Paolo di Tarso. “Ma io, perché venirvi? O chi ‘l concede? / Io non Enea, io non Paulo sono;/ me degno a ciò né io né altri crede” (v. 31-33), dice Dante, indirettamente ponendo le basi della sua importanza provvidenziale, perché a lui sarà affidato il compito di mettere per iscritto la propria esperienza al fine di salvare l’umanità dai rischi del peccato (Gioachino da Fiore parla dell’eEà dello Spirito, infatti).
È dunque necessario che Virgilio, a questo punto, parli chiaro. Mentre si trovava nel Limbo, giunse a pregarlo personalmente Beatrice, mossa da un trepido amore, affinché il grande saggio antico –che Dante ammirava quale Maestro –ponesse i suoi servigi e le capacità di persuasione finalizzati alla salvazione del Fiorentino. Inoltre, Virgilio rincara la dose, stringendo il Poeta smarrito dentro un cerchio da cui non può fuggire: la Vergine Maria, e santa Lucia di cui Dante era doevitissimo in seguito a una grave malattia agli occhi, avevano persuaso Beatrice a correre in aiuto del suo amico che l’aveva così tenacemente amata in vita.
La volontà di entrambi è una: procedi –afferma l’Alighieri, rivolto alla Guida, al Signore e al Maestro.
Appena Virgilio si mosse, il discepolo entrò con lui nel cammino arduo e selvaggio.