Canto 4 – Musicus

Purgatorio

San Sperate. Il paese dei murales
San Sperate è un piccolo centro a pochi chilometri da Cagliari denominato Paese Museo per la presenza di trecentoventi murales che adornano le vie cittadine. L’ideazione nel 1968 è di Pinuccio Sciola, artista di fama internazionale residente nel piccolo paese, che, insieme a un gruppo di amici, dipinge i muri delle case campidanesi di mattoni di fango e paglia con la calce bianca che diventa la base per la creazione di opere firmate da artisti di tutto il mondo.

Pietre Sonore di Pinuccio Sciola
Le pietre sonore sono sculture calcaree e basaltiche che, sollecitate dalle mani o da uno strumento, emettono dei suoni come degli strumenti musicali. Sono raccolte in un vero e proprio parco circondato da agrumi chiamato “Giardino Sonoro”.

Sinossi a cura di Aldo Onorati
Sono le nove del mattino. Dante e Virgilio giungono al primo balzo, dove sono puniti i pigri, i quali aspettarono il momento della morte per convertirsi. Dal terzo all’ottavo canto l’ordinamento morale va sotto la definizione di “negligenza”. Siamo, naturalmente, nell’Antipurgatorio. Dal Purgatorio vero e proprio vengono escluse queste anime per un periodo pari alla durata della loro esistenza terrena. Il Contrappasso è chiaro: tardarono a pentirsi quando erano in vita e quindi ora devono prolungare la durata dell’attesa per venire ammessi alla purificazione.
Se l’uomo è preso da una forte emozione, è attento solo a quella, assente a tutte le altre; perciò sbagliano coloro i quali sostengono “ch’un’anima sovr’altra in noi s’accenda”. Ma la realtà è che se una cosa ti interessa in modo totale, tu non ti accorgi dello scorrere del tempo, in quanto le facoltà nostre sono due: la potenza intellettiva e quella sensitiva: la prima “ascolta” il tempo; l’altra concentra ogni impressione in sé stessa, per cui questa è “quasi legata” a quanto percepisce, mentre l’altra “è sciolta” e può rivolgersi ovunque. Io (Dante) feci esperienza di ciò che ho affermato, udendo e ammirando quello spirito; tant’è vero che il sole era salito di cinquanta gradi (e siccome il nostro astro percorre quindici gradi l’ora, ne erano passate più di tre dalla visione dell’angelo nocchiero), quando venimmo al punto in cui quelle ombre ci gridarono (come fossero una sola): “Questo è il posto di cui avete chiesto indicazione”.

Il Poeta usa ora una similitudine per descrive la ristrettezza dell’apertura della parete entro la quale dovranno passare per salire: è minore di quella nella recinzione della vigna, che l’agricoltore tappa con rametti spinosi di pruno per disorientare i ladri quando l’uva matura. La seconda comparazione è astratta (San Leo, Noli, Bismantova etc.) e non aggiunge niente alla bellezza della prima; semmai serve per dichiarare che in quel posto servono le ali più che i piedi per salire, “con l’ale snelle e con le piume / del gran disio” appresso alla guida da cui ‘traevo speranza e illuminazione’. I due salivano “per entro ‘l sasso rotto” stretti di qua e di là dalle pareti, usando i piedi e le mani. Giunti al culmine del roccioso impedimento, all’aperto, Dante chiede al maestro quale via sceglieranno per continuare e Virgilio risponde, naturalmente, che chiederanno ancora al primo che incontreranno.

Il Poeta era stanco quando iniziò: “O dolce padre, volgiti, e rimira/ com’io rimango sol, se non restai”. E Virgilio: “Cerca di giungere fin qui”, indicandogli un tratto pianeggiante in quel ripido strapiombo. Il pellegrino riesce a raggiungere il maestro con molto sforzo. Quindi si siedono entrambi volti ad oriente “che suole a riguardar giovare altrui” (“L’oriente si tiene per similitudine di Dio”, scrive Lattanzio).
Dante manda lo sguardo alla spiaggia, poi al sole, stupendosi che i raggi venivano da sinistra. La spiegazione di Virgilio è astrusa (l’astronomia – ripeto - è un ostacolo alla narrazione e alla lettura), e va sintetizzata così: Gerusalemme e la montagna del Purgatorio sono agli antipodi in quanto appartengono l’una all’emisfero settentrionale e l’altra a quello meridionale, pur avendo lo stesso orizzonte, per cui il sole fa un percorso diverso e opposto nei due emisferi boreale e australe: nel primo procede da sinistra verso destra; nel secondo da destra verso sinistra.

Ma ora, dice Dante al maestro, vorrei conoscere quanto c’è ancora da salire, perché il monte è alto più di quanto possa raggiungere la mia vista. Virgilio gli spiega che da principio il monte sembra impossibile da scalare, però accade che più si va avanti meno diventa faticoso il percorso. Quindi è bene quietare l’ansia. Ed ecco una voce aggiungere: “Forse avrai prima necessità di sederti”. Voltisi a quel suono, notarono una gran masso nella sinistra, di cui non si erano accorti. Giunti ivi, trovarono persone sedute all’ombra a mo’ dei negligenti (negghienza è una forma arcaica che sta per negligenza). E una di esse era seduta col viso tra le ginocchia. Allora Dante si rivolge a Virgilio: “O mia dolce guida, guarda attentamente colui che sembra il fratello della stessa negligenza”. Quegli alzò a fatica lo sguardo lungo la coscia, senza muovere il viso, dicendo: “Sali tu, dato che sei così forte”. Dante lo riconosce: è Belacqua, di cui l’Anonimo Fiorentino narra che fu cittadino di Firenze, molto amico dell’Alighieri, artefice di liuti e chitarre, pigrissimo: sperava sempre che non venisse alcun cliente; infatti, si metteva a sedere appena giunto a bottega “e mai non si levava se non quando egli voleva ire a desinare e a dormire”. Il Poeta gli si avvicinò nonostante il respiro affannoso per la salita, e Belacqua gli chiese, alzando appena la testa: “Hai compreso perché il sole splende alla nostra sinistra?” È chiaro che l’anima ha ascoltato la dissertazione virgiliana e fa dell’ironia, ma il pellegrino, sottolineando la pigrizia di lui e le parole ridotte al minimo, sorride appena, cominciando così la sua risposta: “Belacqua, io non mi preoccupo più per te, ormai (vedo che sei sulla via della salvezza), ma dimmi, perché te ne stai seduto proprio qui? Aspetti aiuto, o sei tornato alla pigrizia di quando eri al mondo?” Ed egli, sottolineando la propria indolenza nell’atmosfera del suo parlare: “Fratello mio, a che gioverebbe l’andar su? Tanto l’angelo che è a guardia della porta non mi lascerebbe passare. Prima ch’io possa entrare nel Purgatorio, debbono passare tanti anni quanti ne sono trascorsi in vita, a meno che una preghiera di chi sta in grazia di Dio non mi aiuti ad abbreviare l’attesa, poiché le orazioni dei peccatori non sono esaudite”. Nel frattempo, Virgilio ricominciava a salire, avvertendo Dante che era già mezzogiorno.