Primo Novecento

Giulio Ferroni

Primo Novecento. Giulio Ferroni

Il Novecento è il secolo della scolarizzazione femminile, molte donne scrivono ed emergono come scrittrici. In Italia, paese ancora agricolo e contadino, questo fenomeno è un po' limitato, ma qui emerge la figura della sarda Grazia Deledda (1871–1936), scrittrice di formazione autodidatta. Il suo stile muove dal verismo a fondo regionale e folcloristico: cronache e leggende paesane della sua Sardegna, storie di passioni elementari e di esseri primitivi rivisitati nel mito. A questo mondo del male, sentito come fatalità e rappresentato con accenti cupi, si contrappongono un'ansia di liberazione e di riscatto, un estroso e romantico senso della vita, che trovano espressione soprattutto nella leggerezza idillica e trasognata dei suoi paesaggi. Esordisce giovanissima con novelle e romanzi, pubblicati in giornali e riviste; la prima notorietà le venne dal romanzo Anime oneste (1895). Per i suoi romanzi tradotti anche all'estero, Deledda sarà la prima donna Premio Nobel italiana per la letteratura nel 1926.
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Marta Felicina Faccio (1876-1960), costruisce uno stretto rapporto fra scrittura e vita, tratto dominante di tutta la sua opera, ad iniziare dal romanzo autobiografico Una donna (1906). I suoi libri sono il luogo in cui versare il sé; un singolare percorso di autoanalisi nella ricerca di identità e nella costruzione di un'autonomia dell’essere femminile, tesa a far cadere i veli e a mostrare la selvaggia nudità.
Fausta Cialente (1898–1994), è stata scrittrice e giornalista, considerata una delle principali figure del femminismo moderno in Italia. Ha vinto il Premio Strega nel 1976 con Le quattro ragazze Wieselberger.
Anna Banti, pseudonimo di Lucia Lopresti (1895–1985), personalità complessa e poliedrica è stata animata da molteplici  passioni: ha vestito i panni di storica dell’arte, scrittrice, critica letteraria, teatrale e cinematografica. Al liceo di Roma, conosce il grande amore, lo storico dell'arte Roberto Longhi che sposa nel 1924. Lo straordinario sodalizio intellettuale durerà tutta la vita; ma il marito è molto affermato e Banti decide di trovare la sua autonomia intellettuale nella scrittura. Nel 1947, pubblica Artemisia, un romanzo sulla pittrice seicentesca, figlia di Orazio Gentileschi, vittima di stupro. Nell'ambientazione storica, Banti trova un modo diverso e più efficace per raccontare il presente; la voce della pittrice si intreccia con quella dell’autrice, circondata dalle macerie di Firenze.