Laura Bocci, Mitologia d'infanzia

Figure, intrecci di vita, Storia

È pieno di sapori, odori, suoni, immagini il libro di Laura Bocci, Mitologia d’infanzia, Figure, intrecci di vita, Storia, pubblicato da Vallecchi:  il percorso che l’autrice compie dentro la propria infanzia parte da sensazioni concrete come quella della fettina panata preparata con cura dalla nonna. Bocci fa incontrare l’adulta di oggi e la bambina di ieri nella convinzione che l’infanzia sia una condizione terribile, in cui non si può decidere nulla e con la quale non si smette mai di fare i conti. Il suo racconto parte dal sogno di una fuga da un incendio con il salvataggio di quattro oggetti: un uovo di legno da rammendo, un fiocco di velluto nero, un anello di ferro con le chiavi e un clarinetto, oggetti che ritroveremo nel corso della narrazione insieme al ricordo a loro legato. Dopo aver rievocato due momenti della sua vita di bambina, la visita al Ministero dove lavora sua madre e quella alla sarta Luisa, Bocci illumina il periodo che è centrale in quasi ogni infanzia: quello delle vacanze estive, nel suo caso legate alle figure dei nonni e soprattutto delle nonne, entrambe toscane e dai caratteri opposti. Tanto è cupa ed efficiente Zita, la nonna materna, che ha avuto una vita funestata dalla morte in guerra del primo marito e poi del figlio quarantenne per cancro, tanto è disarmata e semplice Cesarina, la nonna paterna che ospita i nipoti a Marina di Cecina tre mesi l’anno. C’è poi in questo libro l’ombra della Storia: la scoperta casuale di foto di famiglia in camicia nera spalanca una ferita che nessuno vorrebbe riaprire. Una storia privata che rimanda alle storie di molti grazie al talento della narratrice.

Il cibo dell’infanzia è per sempre perché l’infanzia è per sempre, è la costruzione di tutta una vita, e praticarla nella forma del ricordo è necessario e vitale. Anche se a volte ci vuole tutta una vita a riparare l’infanzia. Importante è diventare degne di essere state bambine, scrive Muraro.


Laura Bocci, germanista, traduttrice e autrice, è nata e vive a Roma. Ha tradotto opere della letteratura tedesca tra la fine del ’700 e la metà del ’900 (Lenz, Hoffmann, Chamisso, Kleist, Brentano, Storm, ecc.). Nel 2005 ha ricevuto il Premio Nazionale per la Traduzione del MIBACT. Come autrice ha pubblicato: Di seconda mano. Né un saggio né un racconto sul tradurre letteratura (Rizzoli, 2004 – DMG ed., 2016), vincitore dei premi Vittorini e Rapallo Carige come opera prima, poi dei premi Argentario e Procida; Sensibile al dolore (Rizzoli, 2006); La Seconda India (Piero Manni ed., 2012) vincitore nel 2015 del premio Francesco Gelmi di Caporiacco per la Sezione “Dialoghi – La narrativa come casa comune oltre la soglia dell’esilio”. Si interessa da sempre di psicoanalisi, autobiografia e collage junghiano.