Carlo Emilio Gadda secondo Giorgio Pinotti
Il Giornale di guerra e di prigionia
Scritto tra il 24 agosto 1915 al 31 dicembre 1919 Il Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda è insieme un documento storico di primaria importanza e un laboratorio di scrittura. Il giovane sottotenente, animato dalla retorica pattriottarda trasmessagli dalla madre, si scontra subito con l’insipienza dei capi, la disorganizzazione dell’esercito, i lunghi periodi di noia, e si trova a ragionare sul carattere degli italiani. Grande spazio hanno nei suoi resoconti la disfatta di Caporetto e la prigionia prima nella fortezza Rastatt e poi a Celle Lager, in Germania, seguite alla cattura del 25 ottobre 1917 mentre cercava di traversare l’Isonzo con i compagni. Nel gennaio 1919, Gadda, legatissimo al fratello, viene a sapere che è stato ucciso in caombattimento. L’edizione Adelphi 2023, curata da Paola Italia, presenta anche i preziosi taccuini inediti del Giornale di proprietà degli eredi Bonsanti, acquisiti dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma .
Giorgio Pinotti è editor in chief presso Adelphi. Si è occupato di letteratura italiana del Novecento e in particolare di Gadda, procurando l’edizione di numerosi testi (fra cui Accoppiamenti giudiziosi e Eros e Priapo, con Paola Italia; La cognizione del dolore, con Paola Italia e Claudio Vela) e carteggi. Ha inoltre tradotto e/o curato opere di Jean Genet, Georges Simenon, Vincent de Swarte, Irène Némirovsky, Milan Kundera, Jean Echenoz. Un altro suo campo di interesse è la storia dell’editoria (Editori e filologi, a cura di P. Italia e G. Pinotti, Roma, Bulzoni, 2014).Certo, per chi ama come io amo la patria, è difficile essere calmi, sereni, vedendo che le cose non vanno come dovrebbero andare. Gli egoismi schifosi, i furti, le pigrizie, le viltà che si commettono nell'organizzazione militare, la svogliatezza e l'inettitudine di molti, prostrano, deludono, attristano, avvelenano anche i buoni, anche i migliori, anche i più forti: figuriamoci me! Molte volte cerco di non vedere, di non sentire, di non parlare, per non soffrir troppo.