Simona Nuvolari, Una lotta impari
Romanzo, memoir, saggio sul disturbo ossessivo compulsivo, Una lotta impari di Simona Nuvolari, pubblicato da Rizzoli, mette in scena Marta, una cinquantenne che vive a Roma con il marito Mauro e i due figli Laura e Teo.
Marta, che viene raccontata in terza e in prima persona, è colta, intelligente, ha alle spalle studi classici, ha un buon lavoro e amiche fidate, però a casa sua si comporta come “un animale guardingo”: ha il terrore delle cose sporche, fa innumerevoli lavatrici separando i vari indumenti, igienizza tutto, consuma enormi quantità di guanti usa e getta, e sgrida i familiari perché non seguono le sue indicazioni. E quando esce di casa, la vita di Marta è ancora più complicata perché teme teme il contatto con gli altri: andare in bagno in ufficio è una pratica ardua, una seduta dal dentista è una tortura, doversi recare in ospedale o al cimitero sono imprese per lei spaventose, ma soprattutto deve praticare l’arte della dissimulazione, non deve far scoprire in giro quello che la tormenta. Mentre il marito tollera i suoi comportamenti e cerca solo di non provocare le sue reazioni eccessive, i due adolescenti, e in particolare il maschio Teo, reagiscono male di fronte all’ossessione di Marta per la pulizia ed è uno scontro continuo.
Su consiglio di un amico del marito, Marta tenta la via della psicologia e poi anche quella della psichiatria ma, insoddisfatta di entrambe, studia da sé i disturbi ossessivi divorando volumi di saggistica e letteratura (da Camus a Kafka a Calvino ) su questo argomento e insieme avvia un processo di ripensamento della propria infanzia e adolescenza, leggendo i diari e le lettere che scriveva da ragazza.
Ripercorre il trauma della morte del padre, avvenuta quando lei aveva undici anni, lasciandola in balia della madre che la criticava sempre; ripensa all’allontanamento dalla religione e al primo faticoso amore e infine arriva alla nascita dei figli che ha segnato il picco di ansia da pulizia e paura della morte.
La narrazione copre un arco molto lungo: seguiamo Marta e Mauro fino a quando arrivano alla settantina e scoppia l’epidemia da Covid. È questo il momento in cui Marta, che nel frattempo è riuscita a tenere sotto controllo le sue manie, limitandosi a quelle a cui proprio non può rinunciare, si sente più tranquilla: ora tutti fanno quello che lei ha sempre fatto (lavarsi le mani di continuo, pulirsi le scarpe, evitare il contatto fisico con gli estranei…).
Oltre che per il suo valore letterario, Una lotta impari si segnala per la capacità dell’autrice di allargare il campo: la sua protagonista riflette non solo sul suo disturbo ma sulla deriva della società mondiale, in cui milioni di persone sono costrette a vivere in discariche e a lavorare in condizioni proibitive. Una storia individuale che ci interroga sulle profonde distorsioni del nostro modo di concepire l’esistenza, il rapporto con l’ambiente e con gli altri.
Marta, che viene raccontata in terza e in prima persona, è colta, intelligente, ha alle spalle studi classici, ha un buon lavoro e amiche fidate, però a casa sua si comporta come “un animale guardingo”: ha il terrore delle cose sporche, fa innumerevoli lavatrici separando i vari indumenti, igienizza tutto, consuma enormi quantità di guanti usa e getta, e sgrida i familiari perché non seguono le sue indicazioni. E quando esce di casa, la vita di Marta è ancora più complicata perché teme teme il contatto con gli altri: andare in bagno in ufficio è una pratica ardua, una seduta dal dentista è una tortura, doversi recare in ospedale o al cimitero sono imprese per lei spaventose, ma soprattutto deve praticare l’arte della dissimulazione, non deve far scoprire in giro quello che la tormenta. Mentre il marito tollera i suoi comportamenti e cerca solo di non provocare le sue reazioni eccessive, i due adolescenti, e in particolare il maschio Teo, reagiscono male di fronte all’ossessione di Marta per la pulizia ed è uno scontro continuo.
Su consiglio di un amico del marito, Marta tenta la via della psicologia e poi anche quella della psichiatria ma, insoddisfatta di entrambe, studia da sé i disturbi ossessivi divorando volumi di saggistica e letteratura (da Camus a Kafka a Calvino ) su questo argomento e insieme avvia un processo di ripensamento della propria infanzia e adolescenza, leggendo i diari e le lettere che scriveva da ragazza.
Ripercorre il trauma della morte del padre, avvenuta quando lei aveva undici anni, lasciandola in balia della madre che la criticava sempre; ripensa all’allontanamento dalla religione e al primo faticoso amore e infine arriva alla nascita dei figli che ha segnato il picco di ansia da pulizia e paura della morte.
La narrazione copre un arco molto lungo: seguiamo Marta e Mauro fino a quando arrivano alla settantina e scoppia l’epidemia da Covid. È questo il momento in cui Marta, che nel frattempo è riuscita a tenere sotto controllo le sue manie, limitandosi a quelle a cui proprio non può rinunciare, si sente più tranquilla: ora tutti fanno quello che lei ha sempre fatto (lavarsi le mani di continuo, pulirsi le scarpe, evitare il contatto fisico con gli estranei…).
Oltre che per il suo valore letterario, Una lotta impari si segnala per la capacità dell’autrice di allargare il campo: la sua protagonista riflette non solo sul suo disturbo ma sulla deriva della società mondiale, in cui milioni di persone sono costrette a vivere in discariche e a lavorare in condizioni proibitive. Una storia individuale che ci interroga sulle profonde distorsioni del nostro modo di concepire l’esistenza, il rapporto con l’ambiente e con gli altri.
Silvana Nuvolari vive a Roma e questo è il suo primo romanzo.Le rimbalza in mente l’effetto che deve fare sugli altri (gli occhi di Mauro si sono fatti estranei e cauti): una pazza patetica in pieno marasma, rovinata dalla condiscendenza altrui, che s’accanisce a rovinare la vita degli altri. Di striscio la sfiora il pensiero che un ragazzo avrà pure il diritto di sedersi su un muretto coi compagni; si rivede seduta su un muretto basso in una notte d’estate, dirimpetto al cancello di casa, a tratti arrivava un profumo di gelsomini: niente a che fare con quello che vive ora. Possibile che nessuno senta la violenza che lei è costretta a subire? E le sale agli occhi il furore impotente di non riuscire a comunicare a nessuno il rifiuto fisico che sente.