Andrea Piva, La ragazza eterna
Un amore fuori dagli schemi
Al centro del romanzo di Andrea Piva, La ragazza eterna, pubblicato da Bompiani c’è il rapporto tra Boccia, psichiatra e io narrante e Renata, che ha dieci anni meno di lui, è bellissima, coltissima e sfuggente. All’inizio del libro Boccia racconta di essere stato invitato al matrimonio di Renata senza prima essere stato lasciato da lei: la loro era una relazione molto libera, la notizia delle nozze è per lui un colpo al cuore, ma decide di partecipare alla festa. Tempo dopo lui si è trasferito a Bari, dove vive la sua vecchia madre; riceve qui una visita inaspettata di Renata che gli comunica che il marito l’ha lasciata e che ha pochi mesi di vita per un cancro al pancreas. Per alleviare la condizione di Renata, di cui è ancora innamorato, Boccia, insieme a un amico dottore, Giangi, fa un esperimento sulla propria pelle: partecipa a un raduno in Toscana dove si consumano sostanze psichedeliche che migliorano l'umore e aiutano a superare la paura della morte. Nel frattempo Renata, che a Bari fa l’aiuto costumista su un set cinematografico, ha conosciuto i notabili del posto, tra cui il ricchissimo Bibi Centanni, che è alle prese con un imminente crollo del suo impero finanziario. In uno degli appartamenti di Bibi, Renata consuma le sue giornate residue tra droga, sesso estremo e bevute, finché Boccia non è in grado di somministrarle gli psichedelici che la portano a guardare dentro di sé. Un romanzo su un amore fuori da ogni schema e sulla morte che abbiamo rimosso dai nostri orizzonti e che coglie impauriti e impreparati sia chi la deve affrontare sia chi sta accanto a un morente.
Andrea Piva, nato a Salerno nel 1971, è sceneggiatore, narratore e giocatore di poker professionista. Ha esordito nel 2000 come autore del film LaCapaGira (recitato interamente in dialetto barese), vincitore del David di Donatello, del Nastro d’argento e del Ciak d’oro per la migliore opera prima. Ha scritto i romanzi Apocalisse da camera (Einaudi 2006) e L’animale notturno (Giunti 2017).È un pensiero terribile, ma forse è vero che una vita materialistica come la nostra si apprezza appieno solo nella morte e nella malattia. E forse è vero, come mi è sempre sembrato, che la vita cosiddetta serena è poco più di una vuota parentesi in mezzo ai lutti, che gira e rigira sono i soli momenti in cui, nella nostra eterna frivolezza, ci confrontiamo a fondo con le cose che contano sul serio.