Miriam Rebhun, La dedica

Non si può vivere senza ricordare

La scoperta di una cugina di cui ignorava l’esistenza è il punto di partenza del libro di Miriam Rebuhun, La dedica, pubblicato da Giuntina. L’autrice, che ha perso il padre quando aveva due anni e non ha mai conosciuto i nonni uccisi in Germania ai tempi del nazismo, da anni è impegnata a ricostruire la memoria familiare. Quando la nipote Noa le dice che sulla pagina web di Kurt Emanuel Rebhun, detto Gughi, fratello gemello di suo padre, è comparsa la frase “Sono Daphna, ho settantasei anni e sono tua figlia“, Miriam si mette alla caccia di questa sua coetanea. Scopriamo così la storia dei due gemelli ebrei, Heinz e Gughi, fuggiti appena diciottenni nel 1936 dalla Berlino nazista per trovare rifugio in Palestina dove si adattano a fare l'idraulico e l'elettricista. Quando scoppia la seconda guerra mondiale si arruolano nell’esercito britannico e per la prima volta vengono divisi. Riescono entrambi a tornare in Palestina e ad avere figli, ma perdono la vita nel 1948 (ucciso da un cecchino su un autobus Heinz mentre va al lavoro, durante la guerra d’Indipendenza Gughi). Figlia di Heinz e di Luciana, da lui conosciuta a Napoli, Miriam, dopo la morte del padre viene riportata in Italia dalla madre, e cresce insieme a lei, al nonno e agli zii; resta in contatto con i figli che Gughi ha avuto da donne diverse, Ilana e Chaja. Daphna si rivela essere la terza figlia di Gughi, nata da una relazione avuto da questo in Israele con Hanna, lasciata quando era incinta. I quattro cugini si incontrano via computer e poi di persona, mettendo insieme fotografie e ricordi: un modo per ricostruire il proprio puzzle degli affetti, ma anche per ubbidire all'imperativo ebraico di tenere vivo il ricordo di chi è stato spazzato via dalla furia della Storia.

Zakhor! Ricorda! È un imperativo, un obbligo per gli ebrei e noi l’abbiamo onorato, insieme, prima in Israele, il paese che Heinz e Gughi hanno contribuito a creare, e ora a Berlino, una città che è un testo di storia a cielo aperto, dove si cammina tra pietre d’inciampo e passata la porta di Brandeburgo, ci si siede su uno dei duemila settecento parallelepipedi di cemento grigio che l’architetto Peter Eisenmann ha ideato come segno indelebile di ciò che è accaduto.

Miriam Rebhun è nata e vive a Napoli dove ha insegnato Italiano e Storia negli istituti superiori. Testimone di seconda generazione, ha esordito nel 2011 con Ho inciampato e non mi sono fatta male a cui è seguito nel 2015 Due della Brigata, e con questi libri partecipa a progetti didattici che riguardano il Giorno della Memoria.