Corrado De Rosa, La teoria del salto
Philippe Halsman e la ricerca della verità
Nella vita del grande fotografo Philippe Halsman c’è un episodio oscuro che Corrado De Rosa mette al centro del suo romanzo La teoria del salto, pubblicato da Minimum fax. A ventidue anni, quando è uno studente di ingegneria, Philip va in vacanza in Tirolo con i genitori. Il padre, Morduch. dentista affermato di Riga, organizza con lui una escursione a cui la moglie non partecipa; nel corso di questa l’uomo fa una tremenda caduta e muore; i gendarmi accorsi sul posto decidono che si è trattato di un omicidio e che il colpevole è Philip. Il giovane ebreo (e l’antisemitismo dei tirolesi è un elemento che fa accostare il suo caso a quello di Dreyfus, oltre alla mobilitazione in suo favore che coinvolge personaggi come Albert Einstein e Thomas Mann) subisce due processi e due condanne anche se mancano le prove per incastrarlo; non giova il suo carattere chiuso e apparentemente imperturbabile. Scarcerato per un condono dopo due anni di prigionia passati a leggere, Philip è espulso dall’Austria, va a Parigi, si dedica alla fotografia e infine emigra negli Stati Uniti. Qui diventa Philippe Halsman, l’autore di 101 copertine di Life, l’uomo che ritrae Churchill, Nixon, Magnani, Monroe, Nixon, Oppenheimer, Hitchkoch, Truffaut; l’inventore del salto che libera il soggetto dalla posa prestabilita e infine il ritrattista geniale che coglie lo spirito dissacrante di Salvador Dalì
Corrado de Rosa (1975) è uno psichiatra ed è autore di numerosi saggi sulla follia come strumento di manipolazione dei processi, tra cui I medici della camorra (Castelvecchi 2011) e La mente nera (Sperling & Kupfer 2014). Nel 2018 è uscito per Rizzoli il suo romanzo L’uomo che dorme. Nel 2022, per Giulio Perrone Editore, ha scritto A Salerno. Psicologia insolita di una città sospesa. Con minimum fax ha pubblicato Italian Psycho (2021) e Quando eravamo felici (2023).Quando muore Philippe Halsman, che è stato Philipp Halsmann, che ha saputo sfruttare le possibilità che la vita ha voluto offrirgli dopo avergliele tolte, che è stato il più ebreo europeo degli americani e il più americano degli ebrei europei, il fotografo dall'umorismo pungente e lo sguardo rivolto sempre al particolare, il più realista fra i surrealisti e il più surrealista fra i realisti, l'umorista triste, l'ottimista malinconico, il pessimista felice, come lo chiamava Cornell Capa, la sua opera è già diventata patrimonio universale: è l'immagine degli Stati Uniti attraverso la magia umanizzante del divertimento. Luminosa, persuasiva, con la faccia tosta, capace di sognare, giocare. È la fotografia dell'anima collettiva dell'America.