Sotto mentite spoglie
Scrittrici che hanno pubblicato con nomi maschili
Perché una scrittrice decide di firmare i suoi lavori letterari con il nome fittizio di un uomo? La scelta può essere personale o esercitata su pressione della casa editrice, ma solitamente, ahinoi, la motivazione è sempre la stessa: gli uomini godono di maggior prestigio come scrittori, mentre le donne fin dagli albori della letteratura hanno dovuto combattere – e purtroppo ancora lo fanno – contro un pregiudizio assai duro da vincere, a causa del quale viene ritenuto completamente a torto che gli uomini scrivano meglio, siano autori migliori delle donne.
In questa fotogallery e nel testo di seguito vi presentiamo alcune grandi scrittrici che hanno firmato con pseudonimi maschili.
Louisa May Alcott, autrice di Piccole donne, ha firmato diversi romanzi rosa con lo pseudonimo maschile di A.M. Barnard, tra cui – ironia della sorte o dell’autrice? - uno intitolato Behind a mask, Or, a Woman’s Power, tradotto letteralmente: “Dietro la maschera, ovvero, il potere di una donna”).
Quando nel 1818 Mary Shelley pubblicò per la prima volta Frankenstein o il moderno Prometeo, lo fece in forma anonima, tutti diedero dunque per scontato che fosse scritto da un uomo. E quando solo nel 1831 fu ripubblicato con il nome della vera autrice, la critica del tempo lo definì così: “per un uomo è eccellente ma per una donna è straordinario”, classica esternazione che vuole essere un complimento e non fa che confermare il pregiudizio di cui è intrisa.
George Eliot è invece lo pseudonimo usato dalla scrittrice vittoriana Mary Ann Evans (1819-1880), che una volta ottenuto il successo decise di svelare la sua vera identità, ma che in seguito allo scandalo che ne venne fuori decise di ricominciare a firmare col nome maschile.
Altro eclatante caso di pseudonimo maschile sono le tre sorelle Brontë: Charlotte, Emily e Anne Brontë infatti si firmavano rispettivamente Currer, Ellis e Acton Bell, cioè come tre fratelli scrittori invece di tre sorelle scrittrici, e conservando le iniziali dei loro veri nomi. Dunque sia Cime tempestose, celeberrimo romanzo di Emily, che Jane Eyre, scritto da Charlotte, furono pubblicati per la prima volta nel 1847 con pseudonimo maschile. Charlotte Bronte motivò in seguito la scelta con queste parole: “Avverse alla pubblicità personale, abbiamo velato i nostri propri nomi sotto quelli di Currer, Ellis e Acton Bell; la scelta ambigua è dettata da una sorta di scrupolo di coscienza, assumendo nomi di battesimo positivamente maschili, noi non ci dichiariamo donne, anche perché ciò che scriviamo non vogliamo che venga fatto rientrare sotto un’etichetta. Vogliamo evitare il pregiudizio”
Ma anche in tempi ben più recenti Harper Lee, scrittrice Premio Pulitzer nel 1961 con il romanzo Il buio oltre la siepe, all’inizio della sua carriere decise di non firmare col suo nome completo e cioè Nelle Harper Lee, scegliendo deliberatamente di eliminare il primo nome “Nelle”, e firmare con un nome più ambiguo, dando così l’impressione di essere un uomo. Questa decisione era legata al pregiudizio ancora solidissimo nell’immaginario degli anni ’60 del Novecento che i grandi scrittori fossero tutti uomini, e fu presa nella speranza di avere maggiori possibilità di successo con un nome maschile.
Ma c’è un caso famoso e ancora più recente, quello di J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, che nel 2013, dopo il successo mondiale raggiunto grazie ai suoi libri fantasy, ha pubblicato un romanzo poliziesco con lo pseudonimo di Robert Galbraith, che effettivamente ha avuto molte difficoltà ad essere pubblicato e quando ha finalmente visto la luce ha venduto pochissime copie prima che l’autrice si rivelasse. Anche se il motivo dello pseudonimo a quel punto della sua carriera era solo un tentativo di mettere alla prova il proprio talento al netto della fama, sappiamo che quando nel 1997 la casa editrice Bloomsbury accettò di pubblicare il manoscritto del suo primo romanzo su Harry Potter, le chiese espressamente di firmare con un nome maschile, grazie al quale secondo l'editore avrebbe avuto maggiori possibilità di vendita, per questo motivo la scrittrice si firmò con le due più ambigue iniziali puntate anziché col suo vero nome, inequivocabilmente femminile: Joanne Rowling.
In questa fotogallery e nel testo di seguito vi presentiamo alcune grandi scrittrici che hanno firmato con pseudonimi maschili.
Louisa May Alcott, autrice di Piccole donne, ha firmato diversi romanzi rosa con lo pseudonimo maschile di A.M. Barnard, tra cui – ironia della sorte o dell’autrice? - uno intitolato Behind a mask, Or, a Woman’s Power, tradotto letteralmente: “Dietro la maschera, ovvero, il potere di una donna”).
Quando nel 1818 Mary Shelley pubblicò per la prima volta Frankenstein o il moderno Prometeo, lo fece in forma anonima, tutti diedero dunque per scontato che fosse scritto da un uomo. E quando solo nel 1831 fu ripubblicato con il nome della vera autrice, la critica del tempo lo definì così: “per un uomo è eccellente ma per una donna è straordinario”, classica esternazione che vuole essere un complimento e non fa che confermare il pregiudizio di cui è intrisa.
George Eliot è invece lo pseudonimo usato dalla scrittrice vittoriana Mary Ann Evans (1819-1880), che una volta ottenuto il successo decise di svelare la sua vera identità, ma che in seguito allo scandalo che ne venne fuori decise di ricominciare a firmare col nome maschile.
Altro eclatante caso di pseudonimo maschile sono le tre sorelle Brontë: Charlotte, Emily e Anne Brontë infatti si firmavano rispettivamente Currer, Ellis e Acton Bell, cioè come tre fratelli scrittori invece di tre sorelle scrittrici, e conservando le iniziali dei loro veri nomi. Dunque sia Cime tempestose, celeberrimo romanzo di Emily, che Jane Eyre, scritto da Charlotte, furono pubblicati per la prima volta nel 1847 con pseudonimo maschile. Charlotte Bronte motivò in seguito la scelta con queste parole: “Avverse alla pubblicità personale, abbiamo velato i nostri propri nomi sotto quelli di Currer, Ellis e Acton Bell; la scelta ambigua è dettata da una sorta di scrupolo di coscienza, assumendo nomi di battesimo positivamente maschili, noi non ci dichiariamo donne, anche perché ciò che scriviamo non vogliamo che venga fatto rientrare sotto un’etichetta. Vogliamo evitare il pregiudizio”
Ma anche in tempi ben più recenti Harper Lee, scrittrice Premio Pulitzer nel 1961 con il romanzo Il buio oltre la siepe, all’inizio della sua carriere decise di non firmare col suo nome completo e cioè Nelle Harper Lee, scegliendo deliberatamente di eliminare il primo nome “Nelle”, e firmare con un nome più ambiguo, dando così l’impressione di essere un uomo. Questa decisione era legata al pregiudizio ancora solidissimo nell’immaginario degli anni ’60 del Novecento che i grandi scrittori fossero tutti uomini, e fu presa nella speranza di avere maggiori possibilità di successo con un nome maschile.
Ma c’è un caso famoso e ancora più recente, quello di J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, che nel 2013, dopo il successo mondiale raggiunto grazie ai suoi libri fantasy, ha pubblicato un romanzo poliziesco con lo pseudonimo di Robert Galbraith, che effettivamente ha avuto molte difficoltà ad essere pubblicato e quando ha finalmente visto la luce ha venduto pochissime copie prima che l’autrice si rivelasse. Anche se il motivo dello pseudonimo a quel punto della sua carriera era solo un tentativo di mettere alla prova il proprio talento al netto della fama, sappiamo che quando nel 1997 la casa editrice Bloomsbury accettò di pubblicare il manoscritto del suo primo romanzo su Harry Potter, le chiese espressamente di firmare con un nome maschile, grazie al quale secondo l'editore avrebbe avuto maggiori possibilità di vendita, per questo motivo la scrittrice si firmò con le due più ambigue iniziali puntate anziché col suo vero nome, inequivocabilmente femminile: Joanne Rowling.