"D" come Dallapiccola

Il senso della meraviglia di un musicista sognatore

Nel programma C'è musica e musica del 1972, Luciano Berio esplorò tante questioni relative al comporre, eseguire, pensare la musica, con esempi che spaziavano dal Barocco al rock e testimonianze di numerosissime personalità del mondo musicale italiano e internazionale, tra le più acute del tempo. Non un'indagine scientifica, come disse, allora, lo stesso Berio, ma il tentativo di avvicinare il pubblico a chi la musica la fa.
Nella clip proposta, Luigi Dallapiccola risponde alla domanda: "C'è musica e musica?"
 

Una società in cui il momento religioso è dominante esprimerà una musica religiosa o sacra. Una società in cui sia carattere dominante l’individualismo esprimerà forti personalità
Luigi Dallapiccola


Luigi Dallapiccola (1904–1975) iniziò gli studi di teoria e di pianoforte nel 1912, all’età di otto anni. Dopo la fine del primo conflitto mondiale, riprese la formazione musicale a Trieste con Alice Andrich Florio per il pianoforte e Antonio Illersberg per l'armonia, che lo iniziò sia alla tradizione italiana barocca, sia alla musica europea contemporanea per mezzo delle opere di Maurice Ravel e di Arnold Schönberg, che, qualche anno dopo, avrebbe visto dirigere il suo Pierrot lunaire a Firenze, dove si era trasferito nel 1922 per proseguire gli studi presso il Conservatorio "Luigi Cherubini". Dopo il diploma, e fino al 1967, divenne docente di quel Conservatorio. Intanto, erano entrati a far parte del suo bagaglio culturale Claude Debussy, Darius Milhaud, Paul Hindemith, Leoš Janaček, Gustav Mahler e Richard Strauss. Nel 1930, iniziò anche l'attività concertistica in duo con il violinista Sandro Materassi, che continuò per oltre trent'anni con un repertorio composto principalmente da opere del Novecento. In seguito, si sarebbe esibito con il violoncellista catalano Gaspar Cassadò e con i soprano Magda Laszlo e A. M. Jung. 
Dal 1957, cominciò a dirigere personalmente le proprie opere, comunque molto eseguite anche da altri musicisti. Come compositore, infatti, si era già distinto negli anni Quaranta, saldando le riflessioni della moderna scuola viennese (Schönberg, Berg, Webern) con l’antica tradizione del lirismo vocale italiano, generando uno stile melodico ora robusto e penetrante, ora poeticamente meditativo. Pur essendone un convinto sostenitore, per Luigi Dallapiccola il metodo dodecafonico non doveva essere così tirannico “da escludere a priori l’espressività e l’umanità”. L’unico punto importante, per lui, era di stabilire se un certo lavoro fosse una genuina opera d’arte o no, a prescindere dal tipo di tecnica impiegata nella sua creazione.
 

La sua musica, soffusa di lirismo, portava l’impronta personale di un artista sognatore che non perse mai il suo senso di meraviglia di fronte al meraviglioso della vita, la cui fede quasi fanciullesca andava tuttavia unita ad un intelletto indagatore e acuto
Joseph Machlis, musicologo