Franz Joseph Haydn, il musicista che "prenotò il futuro"
Il 290° anniversario della nascita del grande compositore austriaco
Figlio del popolo e papà dello “stile classico”, Franz Joseph Haydn nasce a Rohrau, nel distretto di Bruck an der Leitha, in Bassa Austria, il 31 marzo 1732, in una famiglia molto numerosa. Il padre, Matthias, è un artigiano che ripara carri e si diletta nel canto, accompagnandosi con l'arpa. Ed è proprio ascoltando il padre che nel piccolo Franz Joseph nascono la curiosità e la passione per la musica. All’età di sei anni, la sua predisposizione e le sue capacità sono riconosciute e viene, quindi, avviato allo studio del clavicembalo, del violino e del canto; per la composizione nessun insegnante: ne coltiverà l’interesse da autodidatta.
Terminata a diciassette anni la carriera di cantore nel coro della Cattedrale di Vienna, conosce anni di ristrettezze finanziarie e di duro lavoro, ma riesce, ugualmente, a progredire nella professione: conosce Metastasio e Gluck, impartisce lezioni private, ottiene qualche scrittura come musicista in case signorili. Il 1761 è l’anno del mutamento radicale. Il principe Paul Anton Esterházy lo assume come vice Cappelmeister. Alla morte di questi è Nicolaus Joseph, di cultura musicale superiore a quella del fratello, di cui è l’erede, a confermargli l’incarico. Haydn resterà al servizio della famiglia per quasi trent’anni, diventando Cappelmeister (1766) e risiedendo gran parte dell’anno nel castello magiaro di Eisenstadt (poi, dal 1766, a Esterháza) e il resto a Vienna.
Durante questi decenni, Haydn compone un numero impressionante di opere e la sua popolarità si accresce. Gradualmente, scrive anche indipendentemente dall'ambiente di corte, accettando commissioni da Germania, Francia, Spagna e Inghilterra.
Nel 1785, Haydn visita Wolfgang Amadeus Mozart a Vienna. Tra i due nasce una profonda amicizia e Mozart dedicherà al collega più anziano una serie di quartetti d'archi.
Nel 1790, di passaggio a Bad Godesberg, Haydn conosce, invece, il ventenne Ludwig van Beethoven di cui ha modo di apprezzare le doti, promettendogli un futuro di attenzioni, ma tutto si risolverà in un breve discepolato a Vienna, quando, nel 1792, Beethoven riuscirà a stabilirvisi.
Al periodo inglese risalgono alcune fra le opere più note di Haydn, anzitutto il suo ultimo gruppo di sinfonie, dette appunto Londinesi, dalla n. 93 alla 104, i sei quartetti op. 71 e 74, diverse sonate per pianoforte e un significativo gruppo di trii con pianoforte. In particolare, nel 1794, avvengono le prime assolute con successo della Sinfonia n. 99 in mi bemolle maggiore e della Sinfonia n. 100 Military in sol maggiore nelle Hanover Square Rooms di Londra.
Il periodo londinese permette a Haydn anche di conoscere il modello esemplare degli oratori di Händel dai quali sarà ispirato per La Creazione (1798) e Le stagioni (1801).
Alla fine del XVIII secolo, tornato ormai a Vienna, Haydn si dedica alla composizione di grandi opere sacre per coro e orchestra: tra queste sei messe per la famiglia Esterházy, che nel frattempo aveva ritrovato l'interesse per la musica. Nello stesso periodo, scrive anche gli ultimi nove quartetti per archi.
Nel 1802, improvvisamente, una malattia di cui soffriva da tempo si acutizza. Ciononostante, è del 1804 la prima di Armida al Teatro Regio di Torino. Franz Joseph Haydn muore a Vienna il 31 maggio 1809, all’età di settantasette anni, durante l'occupazione da parte delle armate napoleoniche.
Haydn è stato l’iniziatore di una nuova epoca musicale, il cosiddetto “classicismo viennese” e occupa, quindi, un posto davvero unico nella storia della musica. Riuscì, fin dai tempi della sua permanenza alla corte degli Esterházy, a influenzare fortemente il linguaggio musicale europeo, svincolandosi dall’estetica barocca e contribuendo decisamente allo sviluppo, e al consolidamento poi, dei principali generi della sua epoca (sinfonia, quartetto e sonata).
La sua longevità gli permise di essere, oltre che protagonista delle più importanti trasformazioni musicali, anche testimone di quelle culturali più in generale, tra il secondo Settecento e il principio del XIX secolo. Fu l’epoca, quella, in cui in tutta Europa crebbe la consapevolezza del valore della musica strumentale. Le occasioni e i contesti che la resero protagonista si moltiplicarono: le esecuzioni presso le corti, nelle sale da concerto (a pagamento) e nei salotti privati affiancarono quelle nei teatri e nelle chiese. E l’organizzazione del materiale musicale dei brani strumentali che meglio rifletté quanto stava avvenendo in quel periodo fu la forma-sonata, di cui Haydn fu il principale fautore.
Nel video proposto, l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta da Juraj Valčuha, esegue:
Franz Joseph Haydn, Sinfonia n. 85 in si bemolle maggiore La Reine, Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, 2017.
Composizione: Eisenstadt, 1785; Edizione: Artaria, Vienna, 1787.
1. Adagio (si bemolle maggiore); Vivace
2. Romanze: Allegretto (mi bemolle maggiore)
3. Minuetto (si bemolle maggiore) e Trio
4. Finale: Presto (si bemolle maggiore)
Questo lavoro s’inserisce nell’ambito di una commissione (inverno 1784-85) di un gruppo di sei sinfonie da parte dell’orchestra parigina, del Concert de la Loge Olympique.
Presso Esterháza, l'orchestra di corte non raggiungeva la trentina di elementi; non si conosce con esattezza l'organico del Concert de la Loge Olimpyque, ma è probabile che questo non fosse inferiore ai cinquantasette strumentisti. Haydn, dunque, adattò lo stile cameristico delle sue opere ungheresi allo stile orchestrale parigino, basato su un suono possente, su forti contrasti e sul virtuosismo degli esecutori.
Il titolo La Reine della Sinfonia n. 85 sembra che sia dovuto alla predilezione mostrata verso questa partitura dalla regina Maria Antonietta. La strumentazione è piuttosto sobria, comprendendo flauto, coppie di oboi, fagotti, corni e archi, escludendo trombe e timpani.
Terminata a diciassette anni la carriera di cantore nel coro della Cattedrale di Vienna, conosce anni di ristrettezze finanziarie e di duro lavoro, ma riesce, ugualmente, a progredire nella professione: conosce Metastasio e Gluck, impartisce lezioni private, ottiene qualche scrittura come musicista in case signorili. Il 1761 è l’anno del mutamento radicale. Il principe Paul Anton Esterházy lo assume come vice Cappelmeister. Alla morte di questi è Nicolaus Joseph, di cultura musicale superiore a quella del fratello, di cui è l’erede, a confermargli l’incarico. Haydn resterà al servizio della famiglia per quasi trent’anni, diventando Cappelmeister (1766) e risiedendo gran parte dell’anno nel castello magiaro di Eisenstadt (poi, dal 1766, a Esterháza) e il resto a Vienna.
Durante questi decenni, Haydn compone un numero impressionante di opere e la sua popolarità si accresce. Gradualmente, scrive anche indipendentemente dall'ambiente di corte, accettando commissioni da Germania, Francia, Spagna e Inghilterra.
Nel 1785, Haydn visita Wolfgang Amadeus Mozart a Vienna. Tra i due nasce una profonda amicizia e Mozart dedicherà al collega più anziano una serie di quartetti d'archi.
Nel 1790, di passaggio a Bad Godesberg, Haydn conosce, invece, il ventenne Ludwig van Beethoven di cui ha modo di apprezzare le doti, promettendogli un futuro di attenzioni, ma tutto si risolverà in un breve discepolato a Vienna, quando, nel 1792, Beethoven riuscirà a stabilirvisi.
Sempre nel 1790, alla morte del principe Nicolaus, il figlio Anton, privo di qualsiasi interesse per la musica e le arti in genere, licenzia l'orchestra. Haydn può godere, però, di una rendita di mille fiorini l’anno lasciatagli da Nicolaus. Il compositore, ora, è libero di accettare un'offerta economicamente vantaggiosa, fattagli dall'impresario Johann Peter Salomon e si trasferisce in Inghilterra dove la sua musica è già nota. In quegli anni, Londra ha un'intensa vita musicale e un vitale mercato editoriale. Nel corso dei due soggiorni inglesi (1791-1792 e 1794-1795) il compositore ottiene un successo superiore ad ogni aspettativa.Lasciando in eredità agli storici la nozione archetipica di ‘stile classico’ e ‘forma-sonata’, Haydn fiutò e prenotò il futuro che Beethoven, suo insofferente allievo, invase smodatamente
Angelo Foletto, musicologo
Al periodo inglese risalgono alcune fra le opere più note di Haydn, anzitutto il suo ultimo gruppo di sinfonie, dette appunto Londinesi, dalla n. 93 alla 104, i sei quartetti op. 71 e 74, diverse sonate per pianoforte e un significativo gruppo di trii con pianoforte. In particolare, nel 1794, avvengono le prime assolute con successo della Sinfonia n. 99 in mi bemolle maggiore e della Sinfonia n. 100 Military in sol maggiore nelle Hanover Square Rooms di Londra.
Il periodo londinese permette a Haydn anche di conoscere il modello esemplare degli oratori di Händel dai quali sarà ispirato per La Creazione (1798) e Le stagioni (1801).
Alla fine del XVIII secolo, tornato ormai a Vienna, Haydn si dedica alla composizione di grandi opere sacre per coro e orchestra: tra queste sei messe per la famiglia Esterházy, che nel frattempo aveva ritrovato l'interesse per la musica. Nello stesso periodo, scrive anche gli ultimi nove quartetti per archi.
Nel 1802, improvvisamente, una malattia di cui soffriva da tempo si acutizza. Ciononostante, è del 1804 la prima di Armida al Teatro Regio di Torino. Franz Joseph Haydn muore a Vienna il 31 maggio 1809, all’età di settantasette anni, durante l'occupazione da parte delle armate napoleoniche.
Haydn è stato l’iniziatore di una nuova epoca musicale, il cosiddetto “classicismo viennese” e occupa, quindi, un posto davvero unico nella storia della musica. Riuscì, fin dai tempi della sua permanenza alla corte degli Esterházy, a influenzare fortemente il linguaggio musicale europeo, svincolandosi dall’estetica barocca e contribuendo decisamente allo sviluppo, e al consolidamento poi, dei principali generi della sua epoca (sinfonia, quartetto e sonata).
La sua longevità gli permise di essere, oltre che protagonista delle più importanti trasformazioni musicali, anche testimone di quelle culturali più in generale, tra il secondo Settecento e il principio del XIX secolo. Fu l’epoca, quella, in cui in tutta Europa crebbe la consapevolezza del valore della musica strumentale. Le occasioni e i contesti che la resero protagonista si moltiplicarono: le esecuzioni presso le corti, nelle sale da concerto (a pagamento) e nei salotti privati affiancarono quelle nei teatri e nelle chiese. E l’organizzazione del materiale musicale dei brani strumentali che meglio rifletté quanto stava avvenendo in quel periodo fu la forma-sonata, di cui Haydn fu il principale fautore.
Nel video proposto, l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta da Juraj Valčuha, esegue:
Franz Joseph Haydn, Sinfonia n. 85 in si bemolle maggiore La Reine, Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, 2017.
Composizione: Eisenstadt, 1785; Edizione: Artaria, Vienna, 1787.
1. Adagio (si bemolle maggiore); Vivace
2. Romanze: Allegretto (mi bemolle maggiore)
3. Minuetto (si bemolle maggiore) e Trio
4. Finale: Presto (si bemolle maggiore)
Questo lavoro s’inserisce nell’ambito di una commissione (inverno 1784-85) di un gruppo di sei sinfonie da parte dell’orchestra parigina, del Concert de la Loge Olympique.
Presso Esterháza, l'orchestra di corte non raggiungeva la trentina di elementi; non si conosce con esattezza l'organico del Concert de la Loge Olimpyque, ma è probabile che questo non fosse inferiore ai cinquantasette strumentisti. Haydn, dunque, adattò lo stile cameristico delle sue opere ungheresi allo stile orchestrale parigino, basato su un suono possente, su forti contrasti e sul virtuosismo degli esecutori.
Il titolo La Reine della Sinfonia n. 85 sembra che sia dovuto alla predilezione mostrata verso questa partitura dalla regina Maria Antonietta. La strumentazione è piuttosto sobria, comprendendo flauto, coppie di oboi, fagotti, corni e archi, escludendo trombe e timpani.
Quattro sono i movimenti, un 'Vivace' in forma sonata preceduto da una introduzione lenta, un tema con variazioni, un 'Minuetto' e un 'Finale in forma di rondò'. Colpisce nella partitura soprattutto la coerenza del contenuto, basata sulla raffinatezza del materiale e sulla capacità di sfruttare al massimo un assunto di base piuttosto sobrio
Arrigo Quattrocchi, musicologo