Da San Pietroburgo a Milano
Il percorso compositivo de 'La forza del destino'
La composizione de La forza del destino si svolse sullo sfondo di tempi decisivi per la costituenda nazione italiana, ma anche per le vicende personali e politiche dello stesso Giuseppe Verdi, che, il 29 agosto 1859, aveva sposato Giuseppina Strepponi e, nel gennaio 1861, aveva ricevuto da Cavour l’offerta di una candidatura per le prossime elezioni alla Camera dei Deputati.
L’anno precedente, Verdi aveva ricevuto due lettere da Pietroburgo: nella prima, tale Mauro Corticelli gli presentava il tenore italiano Enrico Tamberlick, che viveva in Russia; nella seconda, lo stesso Tamberlick proponeva al compositore un’opera nuova da scrivere per il Teatro Imperiale di Pietroburgo e parlava di un Ruy Blas da Victor Hugo.
La censura russa disapprovò il testo di Hugo, e Tamberlick raggiunse Verdi a Torino per discutere di un eventuale altro soggetto. La scelta cadde sul dramma Don Álvaro, o La fuerza del sino di Angel Perez de Saavedra, duca di Rivas, popolarissimo drammaturgo spagnolo e Verdi si accinse alla stesura dell’opera affidandone il libretto a Francesco Maria Piave e chiedendo ad Andrea Maffei il permesso di inserirvi qualche passo della tragedia schilleriana Wallensteins Lager, da lui tradotta.
La fitta trama del dramma, ricca di un romanticismo in cui si coniugano misticismo e passioni fosche, fu sfoltita di molti episodi e di alcuni personaggi, mentre, di contro, Verdi decise di ampliare le scene pittoresche dando maggior risalto alle figure di Preziosilla e Melitone, e arricchendo la scena del campo militare veliterno con molti particolari tratti dal Wallenstein.
Tuttavia, la vicenda dell’opera non si sarebbe esaurita con quella prima. Verdi nutriva qualche dubbio sul lavoro e avviò una considerevole revisione della partitura (in particolare, al Preludio subentrò la celebre Sinfonia) e del libretto, che vide un contributo di Antonio Ghislanzoni, che ne modificò radicalmente il finale, cancellando il suicidio cruento di Alvaro, che nella versione russa si inabissava da una rupe maledicendo l’umanità e invocando l’inferno.
La seconda versione sarebbe andata in scena il 27 febbraio 1869, al Teatro alla Scala.
La forza del destino è il più controverso tra i massimi capolavori di Giuseppe Verdi. Già la prima versione di Pietroburgo fu contestata per le lungaggini e le inverosimiglianze sceniche; e Massimo Mila, tra i maggiori critici musicali italiani e “verdiano” convinto, la giudicò ‘‘strana e disuguale […] dove momenti sublimi si affiancano a banalità mal sopportabili’’.
La forza del destino
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, da Angel Perez de Saavedra.
Prima rappresentazione: 10 novembre 1862, Teatro Imperiale, Pietroburgo.
Prima rappresentazione seconda versione: 27 febbraio 1869, Teatro alla Scala, Milano.
Personaggi: il marchese di Calatrava (b.), Donna Leonora (sop.), Don Carlo di Vargas (bar.), suoi figli, Don Alvaro (ten.), Preziosilla (ms.), il padre guardiano (b.), fra Melitone (bar.), Curra (ms.), un al cade (b.), mastro Trabuco (ten.), un chirurgo (ten.)
L’anno precedente, Verdi aveva ricevuto due lettere da Pietroburgo: nella prima, tale Mauro Corticelli gli presentava il tenore italiano Enrico Tamberlick, che viveva in Russia; nella seconda, lo stesso Tamberlick proponeva al compositore un’opera nuova da scrivere per il Teatro Imperiale di Pietroburgo e parlava di un Ruy Blas da Victor Hugo.
La censura russa disapprovò il testo di Hugo, e Tamberlick raggiunse Verdi a Torino per discutere di un eventuale altro soggetto. La scelta cadde sul dramma Don Álvaro, o La fuerza del sino di Angel Perez de Saavedra, duca di Rivas, popolarissimo drammaturgo spagnolo e Verdi si accinse alla stesura dell’opera affidandone il libretto a Francesco Maria Piave e chiedendo ad Andrea Maffei il permesso di inserirvi qualche passo della tragedia schilleriana Wallensteins Lager, da lui tradotta.
La fitta trama del dramma, ricca di un romanticismo in cui si coniugano misticismo e passioni fosche, fu sfoltita di molti episodi e di alcuni personaggi, mentre, di contro, Verdi decise di ampliare le scene pittoresche dando maggior risalto alle figure di Preziosilla e Melitone, e arricchendo la scena del campo militare veliterno con molti particolari tratti dal Wallenstein.
Nel dicembre 1861, Verdi partì per Pietroburgo per gestire la preparazione teatrale, ma fu costretto a tornare in Italia perché la soprano Emma La Grua si ammalò e la rappresentazione fu rinviata alla stagione successiva, che si svolse il 10 novembre 1862, al Teatro Imperiale di Pietroburgo.‘La forza del destino’ è un romanzo d’appendice scritto da un genio
Eugenio Montale
Tuttavia, la vicenda dell’opera non si sarebbe esaurita con quella prima. Verdi nutriva qualche dubbio sul lavoro e avviò una considerevole revisione della partitura (in particolare, al Preludio subentrò la celebre Sinfonia) e del libretto, che vide un contributo di Antonio Ghislanzoni, che ne modificò radicalmente il finale, cancellando il suicidio cruento di Alvaro, che nella versione russa si inabissava da una rupe maledicendo l’umanità e invocando l’inferno.
La seconda versione sarebbe andata in scena il 27 febbraio 1869, al Teatro alla Scala.
La forza del destino è il più controverso tra i massimi capolavori di Giuseppe Verdi. Già la prima versione di Pietroburgo fu contestata per le lungaggini e le inverosimiglianze sceniche; e Massimo Mila, tra i maggiori critici musicali italiani e “verdiano” convinto, la giudicò ‘‘strana e disuguale […] dove momenti sublimi si affiancano a banalità mal sopportabili’’.
La forza del destino
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, da Angel Perez de Saavedra.
Prima rappresentazione: 10 novembre 1862, Teatro Imperiale, Pietroburgo.
Prima rappresentazione seconda versione: 27 febbraio 1869, Teatro alla Scala, Milano.
Personaggi: il marchese di Calatrava (b.), Donna Leonora (sop.), Don Carlo di Vargas (bar.), suoi figli, Don Alvaro (ten.), Preziosilla (ms.), il padre guardiano (b.), fra Melitone (bar.), Curra (ms.), un al cade (b.), mastro Trabuco (ten.), un chirurgo (ten.)