Azio Corghi
Filigrane bachiane
Rai Cultura e l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ricordano con affetto, commozione e ammirazione il grande compositore e didatta Azio Corghi, recentemente scomparso. Tra le tante sue opere eseguite dalla compagine Rai a partire dal 1984, resta indimenticabile Filigrane bachiane per pianoforte e archi, a lui commissionata dalla Rai stessa ed eseguita in prima assoluta nel febbraio 2010.
Riproponiamo l'ascolto della prima esecuzione assoluta di Filigrane bachiane, preceduta da un'intervista di Oreste Bossini al compositore.
Riproponiamo l'ascolto della prima esecuzione assoluta di Filigrane bachiane, preceduta da un'intervista di Oreste Bossini al compositore.
VENERDÍ 19 FEBBRAIO 2010
Auditorium Rai Arturo Toscanini
Arturo Tamayo direttore
Maurizio Baglini pianoforte
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Azio Corghi
Filigrane bachiane per pianoforte e archi (2009)
(commissione OSN Rai - prima esecuzione assoluta)
Durata: 20’ circa
La richiesta da parte del dedicatario (Maurizio Baglini) di scrivere, oggi, un Concerto per pianoforte, mi ha colto di sorpresa. Nell’affrontarla avvertivo il rischio di un’esperienza affascinante ma dai risultati imprevedibili
Tuttavia la problematica ricerca di un punto di partenza, fra l’altro, mi ha fatto riandare con la memoria al mio appassionato, accanito studio della musica strumentale bachiana. Da simile presupposto è nata l’idea di evidenziare, attraverso l’esaltazione del gesto esecutivo, alcuni frammenti del Clavicembalo ben 82 temperato stagliandoli sullo sfondo di una mia precedente composizione. Dal Clavicembalo ho scelto i Preludi del Primo Volume; fra le mie composizioni: Il pungolo di un amore, un’opera “a programma” in cui Dioniso, nel tentativo di rianimare l’amico Ampelo, dona l’ebbrezza alla vita degli uomini.
La struttura formale de Il pungolo di un amore regge principalmente l’arco temporale dell’intero Concerto. Di conseguenza, le interferenze create con l’inserimento dei frammenti bachiani assumono, di primo acchito, il carattere di “assurda intrusione”. Le medesime, gradualmente accolte fra le regole del gioco speculativo, contribuiscono in seguito all’esaltazione “barocca e ridondante” dell’operazione. Dopo aver steso gli appunti progettuali, lo scorrere parallelo delle suddette due dimensioni mi ha spinto a scegliere una timbrica omogenea, limitata alle sole corde vibranti: quelle percosse dai martelletti del pianoforte e quelle sollecitate dallo sfregamento con l’arco. L’intenzione è stata quella di realizzare un tessuto polifonico trasparente in cui affiori la memoria di gesti pianistici familiari, intensamente partecipati: figure che diventano visibili in controluce, come “filigrane” cartacee. A livello linguistico-scalare, ho potuto disporre liberamente dello spazio pancromatico mettendo a confronto il temperamento equabile, rapportato alla tastiera del pianoforte, con le ampie possibilità di intonazione (anche micro-intervallari) offerte dalla tastiera degli archi. Nel divenire linguistico-formale della composizione, la scelta dei frammenti bachiani traccia il solco di un percorso semitonale che ingloba il totale cromatico (quello dei 24 Preludi, notati con le relative alterazioni in chiave e con l’alternanza fra i modi maggiore e minore).
La struttura formale de Il pungolo di un amore regge principalmente l’arco temporale dell’intero Concerto. Di conseguenza, le interferenze create con l’inserimento dei frammenti bachiani assumono, di primo acchito, il carattere di “assurda intrusione”. Le medesime, gradualmente accolte fra le regole del gioco speculativo, contribuiscono in seguito all’esaltazione “barocca e ridondante” dell’operazione. Dopo aver steso gli appunti progettuali, lo scorrere parallelo delle suddette due dimensioni mi ha spinto a scegliere una timbrica omogenea, limitata alle sole corde vibranti: quelle percosse dai martelletti del pianoforte e quelle sollecitate dallo sfregamento con l’arco. L’intenzione è stata quella di realizzare un tessuto polifonico trasparente in cui affiori la memoria di gesti pianistici familiari, intensamente partecipati: figure che diventano visibili in controluce, come “filigrane” cartacee. A livello linguistico-scalare, ho potuto disporre liberamente dello spazio pancromatico mettendo a confronto il temperamento equabile, rapportato alla tastiera del pianoforte, con le ampie possibilità di intonazione (anche micro-intervallari) offerte dalla tastiera degli archi. Nel divenire linguistico-formale della composizione, la scelta dei frammenti bachiani traccia il solco di un percorso semitonale che ingloba il totale cromatico (quello dei 24 Preludi, notati con le relative alterazioni in chiave e con l’alternanza fra i modi maggiore e minore).
La composizione è divisa in cinque sezioni che si susseguono senza soluzione di continuità. La loro è una disposizione “a specchio”: attorno al perno della tonalità di Fa# appartenente alla terza sezione, ruotano accoppiate le altre quattro (I-II e IV-V)
Nella prima e nella seconda sezione prevale il pianoforte solista che rilegge in forma virtuosistica, secondo la successione bachiana, i frammenti dei dodici Preludi compresi fra le tonalità di do maggiore e fa minore. Nella terza sezione prevalgono gli archi nei due Preludi appartenenti alla tonalità di fa diesis (maggiore e minore) che diventa ago della bilancia (a distanza di tritono) fra le battute iniziali e conclusive del Concerto (in Do). Nella quarta e nella quinta sezione, il pianoforte e gli archi si alternano, con scambi rapidi, nel gioco timbrico distribuito fra i Preludi compresi tra sol maggiore e si minore. Dopo aver esposto sommariamente l’idea che informa la composizione del mio Concerto per pianoforte e archi, desidero ritornare sulla scelta del titolo citando, riguardo l’uso del termine “filigrane”, 83 quanto riporta il Dizionario della Lingua italiana di Devoto-Oli: «Marca visibile per trasparenza, ottenuta nello spessore del foglio mediante un intreccio di fili metallici, che i fabbricanti di carta usarono fin dai tempi più antichi per contraddistinguere i loro prodotti».
Azio Corghi