Giuseppe Gibboni in prova sulle note di Marsalis
Il Concerto per violino e orchestra di Marsalis
Il Concerto per violino e orchestra di Wynton Marsalis è un imponente lavoro, articolato in quattro movimenti di forma inedita e non tradizionale, della durata complessiva di circa 45’.
Concepito per un’orchestra sinfonica – scrive l’autore – con un assoluto rispetto per le necessità di quello strumento solista, è scritto nondimeno dalla prospettiva di un musicista jazz e di un bluesman di New Orleans. Crediamo che tutti gli esseri umani siano legati dai fatti fondamentali della vita: nascita, morte, amore, e il riso. Che le nostre più profonde esperienze individuali siano anche universali (specialmente il dolore). E sappiamo che l’abisso di quel dolore nel contesto di un groove è un potente primo passo verso la guarigione
Groove, termine tipico della musica nera e sostanzialmente intraducibile in un’altra lingua, è la parola chiave, forse, per afferrare l’essenza di questo lavoro, che vive soprattutto di un’empatia di fondo, di un impercettibile senso di appartenenza e di fluidità della musica a ciascuna delle molteplici esperienze che il violino solista attraversa durante il Concerto. Groove indica lo spazio che si apre oltre la scrittura musicale, che non è in grado di catturare tutta l’emozione sprigionata dall’incontro di due personalità così esuberanti e complesse.
Il primo movimento, Rhapsody, inizia come una dolce e sognante ninna-nanna (lullabye è indicato in partitura), ma il lirismo di questa pagina è avvolto in ricordi dalle mille sfumature, che vanno dall’espressione lirica romantica al blues, dal tragicomico chiasso di un funerale di New Orleans al funambolico virtuosismo della musica celtica. Il Rondo Burlesque, invece, è un pirotecnico ritratto della musica di New Orleans, nei suoi risvolti anche più tribali e oscuri, come le danze gumbo che prendono il nome dagli stivali di gomma (gumboots) indossati dagli schiavi delle miniere sudafricane.
Il primo movimento, Rhapsody, inizia come una dolce e sognante ninna-nanna (lullabye è indicato in partitura), ma il lirismo di questa pagina è avvolto in ricordi dalle mille sfumature, che vanno dall’espressione lirica romantica al blues, dal tragicomico chiasso di un funerale di New Orleans al funambolico virtuosismo della musica celtica. Il Rondo Burlesque, invece, è un pirotecnico ritratto della musica di New Orleans, nei suoi risvolti anche più tribali e oscuri, come le danze gumbo che prendono il nome dagli stivali di gomma (gumboots) indossati dagli schiavi delle miniere sudafricane.
La scrittura di Marsalis, anche in questo caso, rivela la magistrale capacità di mescolare tutti questi elementi in uno stile anche molto colto, con echi di autori come Prokof’ev e Ravel. Il successivo Blues potrebbe essere considerato un omaggio al mondo di Gershwin, con le sue armonie pastose e grondanti di nostalgia. Hootenanny, quarto e ultimo movimento del Concerto, prende il nome da un termine tradizionale per indicare dei ritrovi o feste musicali spontanee, in cui chiunque è libero di esibirsi di fronte al pubblico
Dalle note di sala di Oreste Bossini.