Bambini e Disuguaglianze

Prof. Mario De Curtis all'Accademia Nazionale dei Lincei

Ogni bambino che nasce nel nostro paese dovrebbe avere la possibilità di crescere e svilupparsi in maniera ottimale, essere curato nel migliore dei modi quando si ammala, essere educato in modo da poter liberamente sviluppare tutte le sue potenziali risorse intellettuali e conoscitive. Purtroppo questa non è la realtà Italiana e significative differenze tra i bambini sono già presenti nelle prime epoche della vita e la pandemia da SARS-CoV-19 ha aggravato la situazione.

Il prof. De Curtis, intervenuto il 10 dicembre 2020, presso l'Accademia Nazionale dei Lincei, ha parlato della differente mortalità infantile nelle varie aree del nostro paese e del maggiore rischio di morte nel primo anno di vita dei nati delle regioni meridionali e dei figli di genitori immigrati. Farà poi riferimento agli effetti della pandemia sui bambini, che si infettano come gli adulti ma presentano una malattia meno grave. Le principali conseguenze sulla loro salute sono legate agli effetti indiretti della pandemia causati dal confinamento nella scorsa primavera.

La paura di frequentare luoghi sanitari considerati a rischio di contagio, l’impatto improvviso e violento del virus su un sistema sanitario non preparato a questa emergenza e la conseguente necessità di dirottare il personale medico nei reparti Covid-19 sono all’origine dei danni indiretti arrecati dalla pandemia su tutto il sistema della prevenzione in età pediatrica. Si è verificata una significativa riduzione delle vaccinazioni, delle attività di pronto soccorso e un ritardo diagnostico per patologie gravi e tumori. Per un aumento del consumo di alimenti calorici associato a una diminuzione dell’attività fisica si è avuto tra i bambini e ragazzi un aumento del sovrappeso e dell’obesità. Ugualmente, per il fatto che molte donne non si sono controllate adeguatamente durante la gravidanza per la paura di contrarre l’infezione da coronavirus in ospedale, si è verificato un aumento della natimortalità.

Con la pandemia la situazione si è aggravata perché l’emergenza sanitaria si è rapidamente trasformata in un’emergenza sociale. La perdita del lavoro per milioni di persone ha determinato un aumento drammatico della povertà che notoriamente si associa anche nell’età infantile ad una ridotta qualità della vita, ad un aumento delle malattie, disturbi e difficoltà nella sfera fisica, affettiva, emotiva, cognitiva e relazionale. La pandemia è divenuta in pochi mesi un acceleratore delle disuguaglianze. 

E’ venuto meno il diritto allo studio che è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU e dalla Costituzione. La didattica a distanza con lezioni in diretta su varie piattaforme, anche se ha svolto un ruolo importante, ha messo in maggiore evidenza le disuguaglianze sociali e culturali preesistenti alla pandemia. Sono inoltre emerse nuove criticità perché molti sono stati gli studenti esclusi da videolezioni per la mancanza di computer, di connessioni e per la condivisione dello stesso dispositivo fra più fratelli o familiari.

Particolarmente penalizzati con la didattica a distanza sono stati soprattutto gli studenti con disabilità (3% della popolazione scolastica) che non hanno potuto ricorrere ai sostegni dovuti e i bambini di genitori immigrati. E’ auspicabile il ritorno all’insegnamento in presenza perché solo in tal modo è possibile sviluppare la socializzazione, le relazioni, l’autonomia e il confronto.
È oggi indispensabile un progetto politico e sociale che metta la famiglia al centro dell’attenzione e dell’azione del buon governo e la pandemia potrebbe essere l’occasione per correggere, oltre le carenze dell’organizzazione sanitaria, una serie di problematiche che influenzano da molto tempo e negativamente lo sviluppo del paese come la denatalità, le disuguaglianze che iniziano già alla nascita, la povertà infantile e la criticità del sistema formativo.