Nuto Revelli ha vissuto l’orrore della guerra, il fronte, le urgenze di una gioventù che lo ha portato a combattere per la libertà. La sua opera è ancora oggi portatrice di uno sguardo attuale e innovatore che parla a tutti e ai giovani in particolare. Nuto diventa scrittore per “dovere di testimonianza”, e forse proprio per questo riesce a inventare un mondo di parole che attinge dalla concretezza quotidiana, prendendo forza dal dialogo tra la storia e la vita. Ricordati di non dimenticare è un progetto firmato da Daniela Giuffrida e Beatrice Verri per la regia di Francesco Ghisi. Il titolo si ispira al volume fotografico Ricordati di non dimenticare. Nuto Revelli, una vita per immagini curato da Paola Agosti e Alessandra Demichelis per il centenario della nascita dello scrittore cuneese (L'Artistica editrice di Savigliano). Per Nuto Revelli, che fu anche un bravo fotografo, la parola è sempre stata un modo per “dare voce”, di volta in volta, alla propria esperienza esistenziale, trasformando i ricordi dei suoi testimoni e il loro “vissuto” in personaggi rielaborati dalla narrazione. Da questo punto di vista, la parola – scritta e detta – e l’immagine fotografica creano un dialogo serrato come quello tra la voce e il volto, che è la cifra narrativa e stilistica di Ricordati di non dimenticare.
Lo Speciale di Rai Cultura dedicato a Nuto Revelli accoglie i cinque video di Ricordati di non dimenticare per gentile concessione degli autori e della Fondazione Nuto Revelli. Qui il percorso di Nuto Revelli da testimone a grande scrittore è raccontato dal figlio Marco Revelli, che parla della vita spezzata in due di suo padre (dalle origini fasciste alla presa di consapevolezza durante la guerra di Russia), da Carlo Petrini che lo conosce e lo frequenta negli anni settanta a Bra, dai due einaudiani, Antonella Tarpino, curatrice de Il popolo che manca e Ernesto Ferrero, già direttore del Salone del Libro di Torino e segretario generale della casa editrice Einaudi, che sottolineano la profonda amicizia che lega Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli e Primo Levi, da Laura Curino che porta in scena il suo libro, L'anello forte. La testimonianza di Paola Agosti e Alessandra Demichelis su vita e storia, impegno politico e ascolto chiude la serie a Cuneo, nella casa di Nuto Revelli, che oggi ospita la Fondazione a lui dedicata e le centinaia di documenti storici e fotografici, e sonori a disposizione di chi voglia approfondirne la conoscenza e gli studi. Nel nostro Speciale confluiscono anche diverse interviste a Nuto Revelli conservate nelle Teche Rai sulla guerra di Russia, sulla scelta di unirsi ai partigiani dopo l'8 settembre, sul suo lavoro di testimonianza delle condizioni di vita in agricoltura.
Benvenuto (Nuto) Revelli nasce a Cuneo il 21 luglio 1919. Conseguito il diploma da geometra, nel settembre 1939 entra nella Regia Accademia di fanteria e cavalleria di Modena. Il 21 luglio 1942, con i gradi di sottotenente, parte per il fronte russo dalla stazione di Collegno con la tradotta della 46ª Compagnia del Battaglione Tiràno, 5° Reggimento Alpini della Divisione Tridentina. Vive l’esperienza della guerra in tutta la sua crudele sofferenza e al suo ritorno a Cuneo diventa uno dei primi organizzatori del movimento partigiano nel cuneese.
Insieme a Piero Bellino e ad altri ufficiali costituisce una formazione che chiama “Compagnia Rivendicazione Caduti” in nome dei tantissimi soldati morti in Russia. Nel febbraio del 1944 sale a Paraloup (Valle Stura) e si unisce alle formazioni di Giustizia e Libertà. Assume il comando della Brigata Valle Vermenagna e della Brigata Valle Stura “Carlo Rosselli”, inquadrate nella I guerra. Nel 1947 nasce il figlio Marco, oggi professore universitario di Scienza della Politica. Scrive il testo del famoso canto partigiano "Pietà l’è morta". Nell’agosto del 1944 riesce a bloccare i granatieri della 90ª Divisione corazzata tedesca che puntava al valico del Colle della Maddalena, agevolando così lo sbarco degli Alleati nel sud della Francia.Nel 1945 sposa l’amatissima Anna, conosciuta prima della guerra.
Dalle esperienze della guerra fascista e della lotta partigiana nascono i suoi libri: Mai tardi. Diario di un alpino in Russia (prima ed. Panfilo 1946, poi Einaudi 1967), La guerra dei poveri (1962), La strada del Davai (1966), testimonianze di quaranta alpini sulla guerra e la prigionia in Russia, libro-inchiesta che troverà la naturale evoluzione in L’ultimo fronte. Lettere di soldati caduti o dispersi nella seconda guerra mondiale (1971).
In un secondo momento, Revelli focalizza il suo interesse sul mondo contadino al tramonto. Di qui le opere: Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina (1977) e L’anello forte. La donna: storie di vita contadina (1985). Il disperso di Marburg (1994), costruito come un romanzo, narra l’indagine intorno alla figura di un giovane “tedesco buono catturato dai partigiani, mentre Il prete giusto (1998) è il ritratto di don Viale, un prete che, dopo aver salvato tante vite ed essere stato riconosciuto “Giusto” da Israele, viene invece escluso e sospeso a divinis dalle gerarchie ecclesiastiche.
L’ultimo libro di Nuto Revelli, Le due guerre (2003), rilegge i venticinque anni che vanno dall’ascesa del Fascismo alla Liberazione dal punto di vista di chi li ha vissuti. Muore a Cuneo il 5 febbraio 2004.