Eduardo Attore: come diventare un classico
Eduardo è un nome che non ha bisogno dell'aggiunta di un cognome perché il pensiero vada ad uno dei più grandi attori e drammaturghi, non solo italiani, del Novecento.
Tanti suoi titoli o frasi sono diventati espressioni proverbiali ("Gli esami non finiscono mai" o anche " Adda passà a nuttata!" ) ed è certamente vero che egli è ancora ben presente nella memoria dei tanti, napoletani o meno, che lo abbiano visto in teatro, in televisione o anche solo su intenet. Eppure sono in molti a pensare che oggi più che mai Eduardo ed il suo lavoro vadano, non diciamo riscoperti, ma rivalutati con un occhio più attento.
Non manca infatti chi lo considera sì un grande attore e drammaturgo ma un pochino superato, magari troppo 'tradizionale', e i suoi testi opere poco al passo coi tempi, legate a circostanze e momenti storici particolari e dunque poco attuali, moderne.
Ma è davvero così? Per rispondere a queste domande noi abbiamo incontrato il giornalista e critico Antonio Audino, voce e penna ben nota agli ascoltatori di RadioTre e ai lettori de "Il Sole 24 Ore".
Qui in particolare ci siamo soffermati sul "De Filippo attore davvero strordinario, non un attore di tradizione, un interprete rivoluzionario che stravolge tutti i canoni dell'interpretazione che c'erano stati in scena fino a quel momento e raduna intorno a sé una compagnia di interpreti straordinari che lo seguiranno in tutte le sue imprese, ma va anche ricordato il nucleo originario con i fratelli Titina e Peppino".
Fu Laurence Olivier a definire Eduardo "il più inglese degli attori italiani". "Aveva ragione", sostiene Audino, perché "Eduardo stravolge i canoni del grande attore della sua epoca, pensiamo ai grandi mattatori che avevano affollato i palcoscenici dei teatri italiani tra la fine dell' Ottocento e i primi del Novecento. Eduardo fa tutt'altro, vuole raggiungere una maggiore naturalezza, una maggiore aderenza del personaggio rappresentato alla vita. Diceva lui stesso che per essere naturali bisogna studiare molto, bisogna lavorare molto". Il suo è un "lavoro sottilissimo di gestualità e di mimica" che "risulta fortemente innovativa in quegli anni e lo è tuttora perché smonta l'ampollosità dell'attore tradizionale".
Inoltre, sostiene il nostro intervistato, Eduardo è stato davvero unico nel mescolare la tragedia e la farsa, il drammatico ed il comico e non stupisce dunque che Orson Welles lo abbia definito "l'attore più grande del mondo".
Tanti suoi titoli o frasi sono diventati espressioni proverbiali ("Gli esami non finiscono mai" o anche " Adda passà a nuttata!" ) ed è certamente vero che egli è ancora ben presente nella memoria dei tanti, napoletani o meno, che lo abbiano visto in teatro, in televisione o anche solo su intenet. Eppure sono in molti a pensare che oggi più che mai Eduardo ed il suo lavoro vadano, non diciamo riscoperti, ma rivalutati con un occhio più attento.
Non manca infatti chi lo considera sì un grande attore e drammaturgo ma un pochino superato, magari troppo 'tradizionale', e i suoi testi opere poco al passo coi tempi, legate a circostanze e momenti storici particolari e dunque poco attuali, moderne.
Ma è davvero così? Per rispondere a queste domande noi abbiamo incontrato il giornalista e critico Antonio Audino, voce e penna ben nota agli ascoltatori di RadioTre e ai lettori de "Il Sole 24 Ore".
Qui in particolare ci siamo soffermati sul "De Filippo attore davvero strordinario, non un attore di tradizione, un interprete rivoluzionario che stravolge tutti i canoni dell'interpretazione che c'erano stati in scena fino a quel momento e raduna intorno a sé una compagnia di interpreti straordinari che lo seguiranno in tutte le sue imprese, ma va anche ricordato il nucleo originario con i fratelli Titina e Peppino".
Fu Laurence Olivier a definire Eduardo "il più inglese degli attori italiani". "Aveva ragione", sostiene Audino, perché "Eduardo stravolge i canoni del grande attore della sua epoca, pensiamo ai grandi mattatori che avevano affollato i palcoscenici dei teatri italiani tra la fine dell' Ottocento e i primi del Novecento. Eduardo fa tutt'altro, vuole raggiungere una maggiore naturalezza, una maggiore aderenza del personaggio rappresentato alla vita. Diceva lui stesso che per essere naturali bisogna studiare molto, bisogna lavorare molto". Il suo è un "lavoro sottilissimo di gestualità e di mimica" che "risulta fortemente innovativa in quegli anni e lo è tuttora perché smonta l'ampollosità dell'attore tradizionale".
Inoltre, sostiene il nostro intervistato, Eduardo è stato davvero unico nel mescolare la tragedia e la farsa, il drammatico ed il comico e non stupisce dunque che Orson Welles lo abbia definito "l'attore più grande del mondo".