Le Troiane

La tragedia di Euripide attuale ieri, oggi, domani

E' stata rappresentata per la prima volta nel 415 a.C., eppure sembra scritta ieri. I suoi temi cardine come l' antimilitarismo e la denuncia della terribile brutalità della guerra col suo spaventoso carico di lutti e distruzione, ma anche l' assunzione del punto di vista dei vinti ne fanno una tragedia oggi più attuale che mai.

Stiamo parlando de Le Troiane di Euripide. L'opera faceva parte di una trilogia ambientata durante la guerra di Troia, assieme a due tragedie, Alessandro e Plamede, di cui  rimangono solo frammenti.
 
La città di Troia dopo una lunga guerra, è infine caduta. Gli uomini sono stati uccisi, mentre le donne devono essere assegnate come schiave ai vincitori.  Sarà Andromaca a subire  la sorte più  terribile, poiché i Greci decidono di far precipitare dalle mura di Troia il piccolo Astianatte, il figlio che la donna aveva avuto da Ettore, per evitare che un giorno il bambino possa vendicare il padre. Infine, il cadavere di Astianatte viene riconsegnato ad Ecuba per il rito funebre, Troia viene data alle fiamme, e le prigioniere vengono portate via mentre salutano per l'ultima volta la loro città.
 

 Appare chiara la centralità del punto di vista dei vinti e non dei vincitori: una prospettiva che evidenzia non  l'eroismo di chi vince, ma la disperazione dei vinti, sottolineando le sofferenze causate dai conflitti armati. I vincitori, che sono poi alcuni dei più grandi eroi della mitologia greca, sono tali solo in apparenza visto che si comportano come insensati aguzzini, posseduti da una bruta barbarie che li disumanizza . Le donne troiane invece hanno perso tutto, ma non la loro dignità umana, che invece gli spietati soldati greci sembrano non sapere nemmeno  più cosa sia.


Composta durante la guerra del Peloponneso, l' opera di Euripide è anche una coraggiosa rappresentazione e stigmatizzazione di un avvenimento storico accaduto pochi mesi prima.
 

Atene aveva chiesto all'isola di Melo di aderire alla lega delio- attica , sottomettendosi così alla dominazione ateniese. I meli avevano rifiutato, perché erano una colonia spartana  e perché erano indipendenti da 800 anni. Avevano però offerto ad Atene la loro neutralità nella guerra e la possibilità di intrecciare rapporti di amicizia. Gli ateniesi avevano invece  attaccato l'isola, uccidendo i suoi uomini e vendendo come schiavi le donne e i bambini. Il sacco di Melo aveva sconvolto la coscienza civica ateniese e generato numerosi interrogativi. Euripide mette in scena, davanti agli stessi autori di quell'atto, un'opera che riproponeva la stessa situazione che si era creata a Melo, con il coraggio di aver rappresentato una tragedia  che criticava in maniera molto chiara, dura ed inequivocabile l' imperialismo privo di scrupoli e pietà della sua città.

Noi siamo andati al Teatro Quirino di Roma e ci siamo fatti raccontare dalla protagonista, Elisabetta Pozzi e dal regista, Andrea Chiodi, come e perchè hanno deciso di riproporre un testo di quasi duemilacinquecento anni fa scoprendolo attualissimo