Soltanto trentanove anni di vita e un itinerario pittorico assolutamente rivoluzionario che elabora le qualità tecniche degli artisti lombardi e l’esperienza del colore dei veneti in una poetica tra le più celebrate nella storia dell’arte: per i violenti effetti chiaroscurali, centrali nella costruzione delle scene, per l’audacia dei racconti visivi, pertinenti all’iconografia cristiana e di intensa religiosità, eppure calati nella strada e nella vita quotidiana. Storie di vocazioni e martirio, storie di santi che posseggono corpi e della carne portano i segni.
L’esplosione creativa di Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio, nato nel 1571 a Milano, coincide con il soggiorno dell’artista a Roma nell’ultimo decennio del Cinquecento al servizio di alti committenti: i Mattei, Vincenzo Giustiniani, i cardinali Francesco Maria Del Monte, Scipione Borghese, Maffeo Barberini, mecenati che apprezzano le opere e disprezzano il temperamento spavaldo del pittore lombardo. Nell’Urbe, il pictor praestantissimus esegue opere capitali di carattere sacro e profano come Bacco, Narciso, la Maddalena penitente, la Madonna dei Palafrenieri ed ottiene la prima commissione pubblica per decorare, la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi con il trittico dedicato alle storie di San Matteo.
Verità, Natura, Spazio e Luminismo orientano in chiave inconsueta, inedita, le rappresentazioni caravaggesche che dopo il 1606, durante i soggiorni a Napoli, a Malta, in Sicilia ed ancora a Napoli, si inoltrano verso tonalità sempre più notturne. Sono gli anni di composizioni monumentali di accresciuta angoscia religiosa come: le Sette Opere di Misericordia, la Sepoltura di Santa Lucia, la Decollazione di San Giovanni Battista. Un percorso verso una pittura tenebrista che aggredisce le forme e sembra riassumere il dramma della Storia, gli anni spiritualmente tormentati della Controriforma e dell’Inquisizione, e il dramma dell’Uomo: un fuggitivo condannato a morte per omicidio, un artista esule che cerca nella pittura l’arma del riscatto e realizza, proprio alla fine dei suoi giorni, capolavori assoluti come Davide con la testa di Golia e San Giovanni Battista: un’estrema invocazione d’aiuto destinata a Scipione Borghese per intercedere presso il pontefice ed ottenere l’annullamento della pena. Opere che giungeranno a Roma prive dell’autore, spentosi a Porto Ercole il 18 luglio del 1610, graziato da papa Paolo V e consegnato alla futura memoria grazie all’impareggiabile sapienza nel creare la Natura e la Vita. Così il poeta Giovanni Battista Marino commemora l’amico in una cerimonia senza bara:
“Fecer crudela congiura
Michele a’danni tuoi Morte e Natura;
Questa restar temea
Da la tua mano in ogni imagin vinta,
Ch’era da te creata, e non dipinta;
Quella di sdegno ardea,
perché con larga usura,
Quante la falce sua genti struggea,
Tante i pennello tue ne rifacea.”
Tommaso Pincio, autore del libro Il dono di saper vivere (recentemente uscito con EINAUDI) fin dalla tenera età, ha avuto un destino che lo ha legato strettamente alla vita di Caravaggio. Rai Cultura ha chiesto a Pincio di raccontarci il suo Caravaggio e ci ha portato nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, dove, nella Cappella Contarelli, ci offre una rilettura del famoso quadro che rappresenta La vocazione di San Matteo. Le vignette utilizzate per illustrare il racconto di Tomasso Pincio sono di Milo Manara e provengono dal volume Caravaggio - La tavolozza e la spada (2015) gentilmente concesse per l’uso da Panini Comics. Si ringrazia altresì Pii Stabilimenti della Francia a Roma e Loreto per l’autorizzazione alle riprese nella Chiesa di San Luigi dei Francesi.
Il naturalismo esasperato di Caravaggio fu esaltato e copiato, imitato e reinterpretato ma anche osteggiato dall’estetica del Seicento, inteso in chiave di rivolta antiaccademica e antiumanistica. Tra i maggiori antagonisti del Merisi, il pittore Giovanni Baglione, lo storico e scrittore Giovan Pietro Bellori, il classicista Nicola Poussin secondo il quale “Caravaggio era nato per uccidere la pittura”.
Il mito di un Caravaggio brutale e lampeggiante, dopo circa due secoli di scarsa valutazione se non di oblio, trova linfa vitale nel Novecento, l’era di realismi nuovi e multiformi, l’epoca delle avanguardie e dell’astrazione. Nel 1951 la prima grande mostra monografica a Milano curata da Roberto Longhi su Caravaggio e il più ampio fenomeno del caravaggismo, è il punto di arrivo di un’approfondita esegesi critica che ribalta il punto di vista sull’artista, non più “ultimo esponente del Rinascimento o primo maestro del Barocco” bensì “primo dei moderni”. Il realismo inaugurato dal pittore lombardo, ininterrotto oggetto di studi per tutto il secolo, si impone per una specifica essenza concettuale, per la tensione verso la sintesi e l’astrazione formale, e diviene una categoria di riferimento imprescindibile nelle teorie artistiche del nostro tempo: così, ad esempio, l’artista americano Frank Stella per il quale la pittura del maestro lombardo è "un antidoto allo sterile immaginario e alla penosa caricatura del nostro nuovo realismo. C’è qualcosa nella feroce risonanza delle opere pittoriche di Caravaggio che mette alla prova la nostra percezione. È difficile non attraversare secoli di pittura guardando Caravaggio. I suoi dipinti sono come un telescopio che esplora la storia dell’arte".
Sarà, inoltre, l’esistenza maledetta del Merisi, autoriflessa nei volti malati, nelle teste mozzate, nelle figure che irrompono dall’ombra, ad alimentare la persistenza del mito. Una vita segnata dall’incapacità di rispettare etica, regole, decoro sociale e, come sintetizzò Bernard Berenson, rilanciando un giudizio sprezzante di Baglione, un artista che “non ebbe il dono di saper vivere”. E, forse, anche per questa “assenza di qualità”, Caravaggio intercetta la sensibilità inquieta del secolo breve e si insedia nell’immaginario artistico contemporaneo come maestro di inesauribile ricchezza poetica.
Una guida eccezionale, Flaminia Gennari Santori, la direttrice delle Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Palazzo Barberini e Galleria Corsini a Roma, ci propone la sua lettura di Giuditta e Oloferne di Caravaggio.
L'opera, realizzata dal grande maestro del Rinascimento nel 1599 ca., è solo una delle quattro opere di Caravaggio che fanno parte della collezione delle Gallerie Nazionali d'Arte Antica: Tre personaggi e un drappo rosso sullo sfondo: pochi elementi, in grado di orchestrare un vero e proprio teatro dei contrari. Buio e luce, vecchiaia e giovinezza, vita e morte, forza e fragilità.
Giuditta è un’eroina del Vecchio Testamento, una giovane vedova ebrea che salva il suo popolo dall’assedio dell’esercito assiro. Finge di volersi alleare con il nemico e uccide con le proprie mani il generale Oloferne, dopo essere stata accolta nell’accampamento con un fastoso banchetto.
La Galleria Borghese conserva sei dei dodici dipinti posseduti in origine dal cardinale Scipione, nipote del pontefice Paolo V, noto estimatore del promettente artista lombardo.
Il Giovane con canestra di frutta e Autoritratto in veste di Bacco o Bacchino malato, dipinti giovanili di Caravaggio, eseguiti tra il 1595 e il 1596, provengono dal gruppo di opere che nel 1607 furono confiscate al Cavalier d'Arpino dopo la pretestuosa incarcerazione per possesso illegale di archibugi. Il pittore, per essere rilasciato, fu costretto a cedere la propria quadreria alla Camera Apostolica, donata in seguito da Paolo V al nipote Scipione Borghese, presumibile autore della pianificata sottrazione il quale, come si ipotizza, con la stessa spregiudicatezza riuscì ad acquisire per una cifra irrisoria anche la Madonna dei Palafrenieri (1606) dopo la rimozione dall’altare in San Pietro per il quale era stata ideata.
Secondo quanto tramandato da Giovanni Pietro Bellori San Girolamo realizzato tra il 1605 e il 1606 fu tra le prime opere di Caravaggio ad entrare a far parte della collezione di Scipione. Davide con la testa di Golia (1609-1610) e San Giovanni Battista (1610), testimonianze estreme della folgorante parabola artistica di Caravaggio, dipinti nei mesi precedenti la morte, si presume fossero le tele destinate al cardinale Scipione, quale dono da recapitare al pontefice Paolo V per ottenere il perdono e il ritorno a Roma.
Anna Coliva, tra massimi esperti della collezione della Galleria Borghese, istituzione che dirige dal 2006, ci guida, in esclusiva per Rai Cultura, alla scoperta di tutti i dipinti di Caravaggio presenti nella collezione di Scipione.
Caravaggio (Michelangelo Merisi) dipinse Narciso tra il 1597 e il 1599. L'opera, esposta a Palazzo Barberini a Roma, è uno dei quattro capolavori del grande pittore del Rinascimento che fa parte della collezione delle Gallerie Nazionali d'Arte Antica. Flaminia Gennari Santori, direttrice dal 2014 delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica, ci farà in questo servizio da guida eccezionale alla scoperta della storia dell’opera.
Il mito classico di Narciso conosce numerose rappresentazioni fin dall’antichità, ma la versione che ne dà Caravaggio si distingue per l’insolito schema compositivo concepito quasi come una carta da gioco: la parte inferiore è speculare a quella superiore come se il pittore avesse ribaltato di 180 gradi la metà superiore della tela per ottenere la figura riflessa. Un’impaginazione congeniale alla storia del giovane cacciatore, che si innamora della propria immagine rispecchiata nell’acqua.
La storia degli anni romani di Caravaggio in un fumetto targato Milo Manara. Il geniale disegnatore sceglie di dedicare un volume ad un personaggio verso cui ha sempre nutrito una viscerale passione. Manara definisce Caravaggio il suo “santo protettore”, sin dal suo brillante esame di maturità in cui gli venne chiesto di parlare dell’artista.
Seguendo in modo fedele le vicende, le date e le testimonianze, il volume illustrato immerge il lettore in una Roma di inizio ‘600 dura e reale dove il pittore viveva e lavorava, beveva e si dilettava con il popolo, il vero protagonista e destinatario dei suoi lavori. Si assiste ai retroscena celati dietro ai suoi capolavori, sino al duello con il rivale Ranuccio Tomassoni e alla sua fuga dalla città in seguito alla condanna a morte.
L’empatia tra Manara e il pittore è immediata e la vicenda è interamente vissuta dal punto di vista di entrambi, con in più l’omaggio di Manara al collega Andrea Pazienza, di cui Caravaggio ha le fattezze.
L’introduzione al volume è dello storico dell’arte Claudio Strinati.
Caravaggio – La tavolozza e la spada
di Milo Manara.
Edizione Panini Comics.
Lo sceneggiato biografico "Caravaggio" andò in onda in 3 puntate nel 1967. La vita tormentata e geniale del grande artista viene raccontata con rigore storico, reso intenso dalla sceneggiatura firmata da Andrea Barbato e Ivo Perilli. Caravaggio è interpretato da Gian Maria Volontè (1933-1994). Tra gli altri interpreti Carla Gravina, Renzo Palmer e Glauco Onorato. Regia di Silverio Blasi.
Regia di Silverio Blasi.
Interpreti: Gian Maria Volonté, Carla Gravina, Renzo Palmer, Glauco Onorato.
Lo sceneggiato sulla vita di Michelangelo Merisi da Caravaggio inizia a Roma con l'arrivo del pittore a Roma e col suo ricovero pressoché immediato a causa della malaria. La malattia non gli impedisce di continuare a dipingere, finché un giorno Caravaggio deruba un attore teatrale anch'egli ricoverato e fugge dall'ospedale. Proserpino trova Caravaggio in un'osteria e lo informa di avergli trovato lavoro nella bottega di Giuseppe Cesari d'Arpino. Il carattere indomito del pittore lo indurrà a litigare anche col Cavalier d'Arpino. Ma l' arte del pittore e il suo carattere ribelle non vanno d' accordo con Cesari e, a seguito di un litigio Caravaggio, lascia la bottega di d' Arpino. Gli ecclesiastici commissionano a Caravaggio tre quadri sulla vita di San Matteo, che scandalizzano i committenti "Il vero è molto più importante del bello!".
Dopo il rifiuto del suo primo "Matteo ispirato dall'angelo", Caravaggio sa di non poter più sbagliare: vuole al contempo accontentare i committenti e mantenersi fedele all'ideale di una pittura fedele alla realtà. Siamo all'inizio del 1600 e Michelangelo vive in condizioni di povertà: subisce diversi processi in tribunale, tra i quali quelli contro il pittore Giovanni Baglione e contro il notaio Mariano Pasqualone, ma sono al contempo gli anni più fertili della sua produzione artistica. Nel 1606, a Campo Marzio, dopo un'accesa discussione, uccide un uomo durante un duello e per questa ragione Caravaggio è costretto a fuggire da Roma.
Michelangelo, esiliato da Roma, si rifugia dai Principi Colonna e, in attesa del perdono papale, decide di trasferirsi a Napoli. Dopo un breve soggiorno nella città parte insieme al suo amico Lionello Spada per l'isola di Malta, dove riceve l'ordine dei Cavalieri di Malta. Dopo l'arresto da parte del Cavaliere Gerolamo Varays, Caravaggio riesce misteriosamente a fuggire dal carcere e si reca in Sicilia, dove viene accolto in un convento di francescani. In Sicilia, viene gravemente ferito dagli uomini di Varays che non hanno smesso di cercarlo dopo la sua fuga da Malta. Intanto a Roma il Cardinale Gonzaga cerca di convincere il Papa Paolo V a perdonare Caravaggio. Finalmente arriva la grazia tanto attesa, ma Caravaggio era già partito alla volta dei presidi spagnoli. Il pittore, non sapendo di essere stato graziato, vuole fare un tentativo per entrare a Roma. Inizia, così il suo cammino verso la città, ma ormai malato e stanco, muore prima di raggiungerla.
Caravaggio
È stato il primo “pittore maledetto” della storia, ma anche uno dei più grandi artisti italiani. Una vita a tinte forti, come i suoi quadri, e una morte ancora avvolta nel mistero: Michelangelo Merisi, per tutti il Caravaggio.
Il professor Alessandro Barbero ripercorre gli ultimi diciotto anni della sua vita, dal 1692, quando, a 21 anni, arriva a Roma dal paese della bergamasca che gli ha dato il nome, al 1610, quando muore in circostanze ancora misteriose. E del suo corpo non restano tracce.
Tra questi due estremi, il racconto della sua arte che lo porta ad essere il numero uno sul mercato romano del tempo, con quella sua cifra inconfondibile di volti presi direttamente dal popolo e dai bassifondi della società.
Una “violenza” espressiva che si traduce anche nella sua vita: nel 1602 uccide un uomo durante una rissa. Viene condannato a morte, ma trova rifugio nella Napoli spagnola. Confida ancora nella grazia, vuole tornare a Roma e continua a dipingere perché spera cha la propria arte riuscirà a salvargli la vita. Non sarà così. La sua morte avviene dopo un’aggressione subita Napoli, e durante un viaggio via mare che lo porta sulle sponde della Toscana.
Alessandro Barbero
di Giancarlo Di Giovine
Gli ultimi anni del Caravaggio, il pittore “maledetto”, la sua morte e il presunto avvelenamento da piombo, tra miti da sfatare e circostanze da chiarire. Ne parla il documentario “Caravaggio” per il ciclo “a.C.d.C.” su Rai Storia, con un’introduzione del professor Alessandro Barbero. Caravaggio, dall’indole notoriamente violenta, viene coinvolto in molte risse e anche arrestato. Arriva perfino a commettere un omicidio. Lo Stato Pontificio lo mette al bando, costringendolo a lasciare Roma. Si trasferisce successivamente a Napoli dove viene trattato come una celebrità – a differenza di chi sostiene che abbia vissuto da fuggiasco l’ultimo periodo della sua vita - e continua a ricevere ingenti somme di denaro per i suoi quadri. La sua fine è avvolta dal mistero: si ipotizza un avvelenamento da piombo, sostanza presente in grandi quantità nei colori usati all’epoca e, ancora, si dice sia scomparso nel nulla da Porto Ercole, dove si trovava nel 1610. Da qui un’emozionante caccia per ritrovare le sue ossa e scoprire cosa gli sia successo realmente. Attraverso analisi del DNA, ricerche e analisi scientifiche, il documentario fa luce sulle leggende e le teorie che aleggiano da tempo attorno alla figura del pittore.
Gli ultimi anni della vita di Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610) vengono raccontati con filmati di archivio e con immagini dello sceneggiato televisivo realizzato nel 1967. Nel 1600 Michelangelo Merisi è il più celebre pittore italiano, ma ai successi professionali si alternano problemi con la giustizia dovuti al suo temperamento irascibile e violento. Il tema degli ultimi anni del periodo romano, il San Girolamo scrivente, ripetuto per tre volte, è una meditazione sulla morte, un’apertura verso lo spazio del mistero, dove “il buio metafisico” sembra ossessionare l’artista. Nell’ultima opera romana, la Morte della Vergine, egli elimina il cerimoniale religioso per rappresentare nella sua pienezza la sacralità della vita umana. La tela è considerata sacrilega dal papa e venduta ai Gonzaga di Mantova. Nel maggio 1606, coinvolto in una rissa tra giocatori della pallacorda, nella quale uccide un giovane, Caravaggio è costretto a fuggire da Roma per sottrarsi alla giustizia.