"Elsa Morante non era un carattere facile, non aveva mezze misure ed era piuttosto violenta nelle sue affermazioni. Quando poi si parlava di letteratura, in senso assoluto, allora queste ‘mezze misure’ diventavano veramente incandescenti: per esempio diceva che bisogna scrivere soltanto i libri che cambiano il mondo”. Così lo scrittore Giorgio Montefoschi, laureato in Lettere con una tesi su Menzogna e sortilegio, racconta la scrittrice Elsa Morante, le sue opere, i suoi luoghi di vita e di scrittura.
Uscito nel 1948, Menzogna e sortilegio di Elsa Morante vince il premio Viareggio ex aequo con Aldo Palazzeschi; la critica si divide, tra gli entusiasti ci sono Giacomo Debenedetti e György Lukács che nel 1962 lo definisce “il più grande romanzo moderno”. Carola Susani ci conduce all'interno del romanzo e dei suoi temi; Giuliana Zagra ci parla della stesura di questo libro e della sua fortuna critica.
"Il mio incontro con Elsa Morante non lo chiamerei risolutivo, non avevo problemi da risolvere se non la solitudine, niente in ogni caso che avesse a che fare con le lettere, come la pubblicazione di un libro. Avendole sempre scritte, non davo molta importanza alle mie poesie, era una delle tante cose che si fanno da giovani. E neppure andavo alla ricerca di quel curioso attributo chiamato identità. Ero quel che ero e più che risolvermi desideravo svolgermi: nel canto, nel ballo, nella difesa degli oppressi: grande avvocato ma anche falegname o filosofa. Desideri intensi ma vaghi e mai durevoli abbastanza da poterli definire ambizioni. Sì, avrei voluto anche scrivere romanzi per emulare i grandi romanzieri tra cui mettevo Elsa Morante, ma non ho mai neanche provato a farlo, sapendo di non esserne capace. Come poi sia avvenuto, grazie a Elsa, il mio riconoscimento ufficiale in quanto poeta con tanto di libro stampato, è una storia che non mi va di ripetere, l’ho raccontata troppe volte. Dirò solo che fu lei a decidere che io ero poeta, e che io, per non deluderla, mi sentii obbligata a fare il possibile per diventarlo. Del resto, sono così pigra che senza una qualche costrizione non farei mai nulla".
Il ricordo di Patrizia Cavalli, traduttrice di grandi opere (tra i tanti, La tempesta e Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, L'anfitrione di Molière) e soprattutto poeta. "Dopo un anno che la frequentavo un giorno ricordo che Elsa Morante mi sbatte letteralmente contro un muro e mi domanda 'Ma insomma: tu che fai'?".
Patrizia Cavalli legge alcune poesie di Elsa Morante, autrice che ha lungamente frequentato dopo il suo trasferimento da Todi a Roma. In questo frammento propone la lettura di Canto per il gatto Alvaro, una poesia raccolta in Menzogna e sortilegio.
Come musica, la poesia 2013 al Teatro Argentina di Roma. Patrizia Cavalli legge Canto per il gatto Alvaro, una poesia raccolta in Menzogna e sortilegio.
Poco prima della fine della stesura del suo ultimo romanzo, Aracoeli, Elsa Morante cadde e si procurò una frattura al femore che la costrinse lungamente a letto. Subì un intervento chirurgico, ma non riuscì mai a recuperare del tutto la mobilità. Dopo l'uscita del libro scoprì di essere gravemente ammalata. Nell'aprile del 1983 tentò il suicidio aprendo i rubinetti del gas, ma venne salvata in extremis dalla sua governante, Lucia Mansi. Ricoverata in clinica, fu sottoposta a una complessa operazione chirurgica che però non fu risolutiva. Morì il 25 novembre 1985 a seguito di un infarto.
Via dell'Oca 27: dall'attico affacciato su Piazza del Popolo vede la luce buona parte della produzione letteraria di Elsa Morante destinata a confermarla come uno tra i più grandi scrittori novecenteschi. La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma fa riemergere simbolicamente l'affascinante e segreta officina di scrittura dedicando all'autrice de La Storia una sala arredata con i mobili originari presenti nella sua abitazione definitiva donati nel 2015 da Carlo Cecchi: la scrivania; la macchina da scrivere con la quale fu redatta l'ultima stesura di Aracoeli; le librerie contenenti i suoi libri, di lettura e di studio, e la sua collezione di dischi; i ritratti della scrittrice ad opera di Carlo Levi e di Leonor Fini; i quadri dai vivaci colori del giovane pittore americano Bill Morrow, alcuni dei quali sono stati scelti dalla stessa Morante per le copertine delle sue opere.
La stanza - luogo onirico per eccellenza, metafora dell'inconscio - rappresenta anche lo spazio attraverso cui si materializza l'accesso alla scrittura e all'opera creativa. È stata la Morante stessa a volere che le sue carte fossero conservate presso la Biblioteca Nazionale. Al primo nucleo di manoscritti, donati nel 1989 e relativi alle sue principali opere, se ne è aggiunto nel 2007 un altro cospicuo che dà prova della sua poliedrica scrittura: dai racconti giovanili alle poesie, dai romanzi incompiuti ai primi quaderni di scuola elementare e diari, dagli scritti critici a quelli etico-politici e sul cinema. L'archivio trova la propria organicità con l'acquisizione,nel 2013, del carteggio di oltre 6000 lettere.
Alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma si è inaugurata il 10 febbraio, alla presenza del Ministro dei Beni e delle Attività culturali Dario Franceschini, la Stanza di Elsa Morante: un'esposizione permanente che ricostruisce il laboratorio di scrittura della scrittrice e in cui si possono vedere la scrivania, la macchina da scrivere e i suoi quadri. Ce ne parla il direttore della Biblioteca Nazionale, Andrea De Pasquale, con Rossana Rummo, Direttore Generale Biblioteche e Istituti culturali e Giuliana Zagra, responsabile del progetto.