Introdotto da Carlo Lucarelli, con gli interventi degli storici Fabio Caffarena e Antonio Gibelli, il filmato presenta altri aspetti del fenomeno della scrittura in guerra: dal coinvolgimento di ampi strati di popolazione scarsamente alfabetizzati che subiscono profonde trasformazioni antropologiche per il solo fatto di aver “imparato” ad usare lo strumento della scrittura, alla diffusione dei diari di guerra; dal controllo capillare della censura su tutti gli scritti provenienti dal fronte, ai sistemi escogitati per aggirarlo.
Oltre al filmato presentiamo vari esempi di scritture di guerra.
Documento: Il diario di Rodolfo Bolner
Trentino, richiamato dall’esercito austro-ungarico alla fine di luglio del 1914, Rodolfo, maestro elementare, esprime con semplicità l’angoscia per ciò che l’aspetta.
Documento: Lucio Fabi, Gente di trincea
Nelle pagine del suo libro l’autore riporta numerosi estratti da diari di soldati al fronte che non solo descrivono le preoccupazioni e gli orrori quotidiani della vita in trincea ma sono anche un’efficace testimonianza di quanto sia primario il bisogno di esprimersi perfino, o forse soprattutto, quando si è assoggettati a condizioni materiali di vita durissime che occupano quasi tutto lo spazio mentale dell’individuo.
Documento: Luciana Palla, Scritture di donne. La memoria delle profughe trentine nella prima guerra mondiale
Qui si affronta il significato della scrittura per un’altra categoria di persone sradicate dalla guerra, le donne profughe.
Le immagini della lettera manoscritta del tenente Guglielmo Rota provengono dal Museo virtuale della Certosa, Scrivere in tempo di guerra.
Pezzi di storia vissuti sulla propria pelle e fissati su carta, le lettere dal fronte raccontano stati d’animo e uomini diversissimi tra loro. Racconti di guerra e disperazione, di fame e freddo, di anima e sangue, ma anche atti di speranza e inni alla fede, alla famiglia, all’amicizia. Borghesi o contadini, operai o industriali, colti o analfabeti: in comune, un destino crudele. Parecchi dei quali mai più tornati, falciati dalle granate, morti assiderati senza capire il senso del loro sacrificio sotto una valanga di pallottole, gli occhi sbarrati e fissi sugli ultimi pensieri, abitati, chissà, dai volti dei genitori e delle fidanzate.
(difesa.it)
14 Luglio 1917 (Museo Virtuale della Certosa)