Il Pier Paolo Pasolini poeta, a differenza del narratore, del filologo o del regista, continua a dividere la critica. La sua produzione poetica è piena di contraddizioni: tra lingua e dialetto, tra cristianesimo e marxismo, tra poesia e saggio.
La personalità, il pensiero e la creatività di Pasolini, figlio della maestra casarsese Susanna Colussi, animò geniali esperimenti didattici alternativi che gli valsero l'appellativo di "maestro mirabile". La prima scuola fu aperta con la madre a Versuta, in provincia di Pordenone, nell'ottobre del 1944. Nel villaggio mancava la scuola e i ragazzi dovevano percorrere più di un chilometro per raggiungere la loro sede scolastica, Susanna e Pierpaolo decidono così usare la loro casa come scuola gratuita. Poi arriva l'incarico ufficiale: per due anni, dal 1947 al 1949, a Pasolini è affidato l'incarico di insegnare materie letterarie alla prima media della scuola di Valvasone, che raggiungeva ogni mattina in bicicletta. Denunciato per corruzione di minore e atti osceni in luogo pubblico, perde la cattedra e viene espulso dal PCI di Udine. Nel 1950 è a Roma e riesce a ottenere un posto di insegnante presso una scuola media di Ciampino, dove insegnerà fino al 1953. Il didatta Pasolini rimane sempre in prima linea, nel fuoco di una militanza pedagogica tanto dolcemente affettuosa verso il popolo e i suoi giovani figli, quanto implacabilmente violenta contro la borghesia neocapitalistica, imputata dell’imposizione totalitaria di modelli mercantili e edonistici. Un “pedagogo di massa”, lucido e combattivo anche nel disperato periodo corsaro degli anni Settanta. Dice Vincenzo Cerami: "Anche la sua saggistica aveva un fondo pedagogico, la sua era un'ispirazione filologica, una spinta all'indagine".
Pasolini si è sempre distinto per l’indipendenza del pensiero, caratteristica che lo ha portato ad essere osteggiato continuamente da fronti diversi. Fanno molto scalpore, ad esempio, le sue dichiarazioni a seguito dei fatti di Valle Giulia del 1968, i suoi giudizi sulla televisione e le sue personali letture del Vangelo. Quando nel 1968 presenta il film "Teorema" alla mostra del cinema di Venezia le reazioni sono violente. La Procura di Roma sequestra il film "per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava". Poco dopo la Procura di Genova mette al bando il film con un analogo provvedimento. Il processo contro Pasolini e il produttore Donato Leoni si apre il 9 novembre 1968 con l'escussione del regista. Il Pubblico Ministero Luigi Weiss chiede la reclusione di sei mesi di entrambi gli imputati e la distruzione integrale dell'opera. Il 23 novembre 1968, dopo un'ora di camera di consiglio, il Tribunale di Venezia assolve Pasolini e Leoni dall'accusa di oscenità annullando il bando del film con la seguente sentenza: "Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un'opera d'arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità".
Un servizio giornalistico d'epoca sulla discussa proiezione del film "Teorema" di Pasolini alla mostra del cinema di Venezia del 1968.
In primo piano le origini di Pasolini: la religiosità popolare che incontra il comunismo, il fascino esercitato dalla figura di Gesù di Nazareth che lo porta, nel 1963, a un lungo viaggio in Palestina e, poi, al film “Il Vangelo secondo Matteo”. Anche in altri film affronta le tematiche religiose e progetta una pellicola dedicata a san Paolo, rimasta solo sulla carta.
I giudizi su di lui sono contrastanti: da una parte papa Giovanni XXIII “benedice” il Vangelo secondo Matteo, dall’altra Pasolini viene processato, e assolto, per vilipendio alla religione dopo il cortometraggio “La ricotta”. Ma a chi lo accusa di offendere la fede, Pasolini risponde che il vero nemico della religione è un altro: il consumismo. Anche se si rende conto che questa è una battaglia persa.
Il 26 ottobre 1967 Pasolini incontra e intervista Ezra Pound per la rubrica "Incontri" che Vanni Ronsisvalle cura in quegli anni per la Rai. Pound è ormai anziano e affaticato, apparentemente indifferente al peso della vita e delle vicissitudini attraversate, dall'esperienza di detenzione nel manicomio criminale di St. Elizabeths di Washington, dalle accuse di tradimento nei confronti del proprio Paese, l'America, per appoggiare il regime fascista. Pierpaolo Pasolini è invece un giovane scrittore e regista che proprio in quegli anni iniziava finalmente a godere i frutti di un lavoro a lungo criticato, bistrattato, se non apertamente schernito dai benpensanti di un'Italia fino a poco prima del tutto impreparata a cogliere la sensibilità, il coraggio, la lucidità della sua ricerca espressiva e stilistica di narratore.
L'incontro tra Pasolini e Pound non è solo l'incontro fra due figure rivoluzionarie, sebbene idealmente antitetiche. È il confronto fra due poeti e fra due uomini legati a doppio filo da un rapporto di amore e odio, di pesanti eredità intellettuali, di conflitto e contatto, giunto al punto di doversi tradurre in una riconciliazione formale che ha il sapore di un simbolico passaggio di testimone. Due irregolari, due outsider, due anticonvenzionali accomunati dalla scelta di mettersi in gioco in prima persona senza risparmiarsi. Un filo riannodato sulla traccia dei versi di Pound, che Pasolini ridisegna e fa propri in una rilettura di rara e toccante intensità.
Un prezioso filmato dalle Teche RAI. Nell'autunno del 1967 un Pier Paolo Pasolini ancora giovane e visibilmente emozionato incontra per la prima volta, a Venezia, il poeta americano Ezra Pound.
Nella notte tra il 1º novembre e il 2 novembre 1975 Pasolini fu ucciso in maniera brutale: percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, vicino Roma. Il cadavere massacrato venne ritrovato da una donna alle 6:30 circa. Sarà l'amico Ninetto Davoli a riconoscerlo. L'omicidio fu commesso da un "ragazzo di vita", Pino Pelosi di Guidonia, di diciassette anni, già noto alla polizia come ladro di auto, fermato la notte stessa alla guida dell'auto di Pasolini. Pelosi affermò di essere stato avvicinato da Pasolini nelle vicinanze della Stazione Termini, presso il Bar Gambrinus di Piazza dei Cinquecento, e da questi invitato sulla sua vettura, dietro la promessa di un compenso in denaro.
Dopo una cena offerta dallo scrittore, nella trattoria Biondo Tevere nei pressi della Basilica di San Paolo, i due si diressero alla periferia di Ostia. Secondo le carte processuali la tragedia sarebbe scaturita a seguito di una lite per pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, degenerata in un alterco fuori dalla vettura. Il giovane sarebbe stato minacciato con un bastone del quale si sarebbe impadronito per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo. Quindi, salito a bordo dell'auto dello scrittore, l'avrebbe travolto più volte con le ruote, sfondandogli la cassa toracica e provocandone la morte.
Pelosi venne condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti. Il 4 dicembre 1976 la Corte d'Appello, pur confermando la condanna dell'unico imputato, riformava parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell’omicidio. Dopo aver mantenuto invariata la sua assunzione di colpevolezza per trent'anni, nel corso di un'intervista televisiva nel maggio 2005, Pelosi ha affermato a sorpresa di non essere l'esecutore materiale del delitto e che l'omicidio era stato commesso da altre tre persone, giunte su una autovettura targata Catania, che a suo dire parlavano con accento "calabrese o siciliano".
Molti intellettuali e amici dello scrittore (da Laura Betti a Oriana Fallaci, da Enzo Siciliano a Sergio Citti) hanno avanzato dubbi sulla ricostruzione del delitto. Il 22 marzo 2010 Walter Veltroni ha scritto all'allora Ministro della Giustizia Angelino Alfano una lettera aperta, pubblicata sul Corriere della sera, chiedendogli la riapertura del caso e sottolineando che Pasolini è morto negli anni '70, "anni cui si facevano stragi e si ordivano trame". Il 1º aprile del 2010 l'avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini hanno raccolto la dichiarazione di un nuovo testimone che ha aperto indagini che sono state definitivamente archiviate all'inizio del 2015. Le nuove indagini non hanno portato infatti a nulla di nuovo rispetto alla sentenza, se non ad alcune tracce di Dna sui vestiti dello scrittore. Tracce però di impossibile attribuzione e impossibili da collocare temporalmente.
Critico d'arte, del costume e scrittore in proprio, Enzo Siciliano fu amico personale di Pasolini, cui dedicò nel 1978 una biografia ormai classica, "Vita di Pasolini" (Mondadori), in cui delinea le tappe umane e artistiche nell'esistenza dello scrittore friulano, componendo una biografia appassionata che è insieme saggio psicologico e letterario, ma anche una riflessione su quel periodo cruciale della storia del nostro Paese che va dalla Resistenza agli anni di piombo, in cui Pasolini fu per la società italiana interlocutore scomodo e ineludibile.
Nel 1964 Siciliano interpretò il ruolo di Simone nel film "Il Vangelo secondo Matteo".
Lo scrittore e critico letterario Enzo Siciliano ricorda come interpretò il ruolo di Simone nel film "Il Vangelo secondo Matteo" diretto da Pasolini nel 1964.
La solenne e appassionata orazione funebre dello scrittore Alberto Moravia per la morte di Pier Paolo Pasolini, assassinato il 2 novembre 1975.
Una data che in molti ricordano: 2 novembre 1975. E anche un luogo indelebile: Lido di Ostia.
Il 2 novembre 1975 muore l’intellettuale, scrittore, giornalista, regista e poeta Pier Paolo Pasolini.
Un prezioso ritratto del critico letterario Filippo La Porta (autore, tra gli altri, del saggio Pasolini, edito da Il Mulino), in cui riflette sulla tragica morte e sulle cause tutte plausibili, sull’impossibilità a chiudere un personaggio così complesso e un artista così poliedrico in una definizione esaustiva. E rintraccia, nell’amore per la tradizione, una delle eredità più importanti dello scrittore.
Filippo La Porta, critico letterario e saggista, collabora con numerose testate giornalistiche. Tra i suoi libri più recenti Meno letteratura, per favore (2010) e Un’idea dell’Italia. L’attualità nazionale nei libri (2012).
In “Pasolini filosofo della libertà, Il cedimento dell'essere e l'apologia dell'apparire”, edito da Mimesis nella collana Filosofie, Franco Ricordi traccia un ritratto del Pasolini profeta, impegnato in una strenua battaglia contro i feticci del mondo moderno. Tra gli obiettivi polemici di Pier Paolo Pasolini la televisione con il suo potere omologante. Ricordi individua poi una linea poetica, caratterizzata oltre che dall'alto valore lirico dalla passione politica, che passa da Dante, Foscolo e Leopardi per arrivare fino a Pasolini. Cosa direbbe oggi il poeta di Casarsa di fronte a fenomeni come il grillismo o l'occupazione del Teatro Valle? Il libro di Franco Ricordi cerca di dare risposta anche a questi interrogativi.
"Nel 1906 Nasce Visconti, 70 anni dopo - nel '75 - muore Pasolini", spiega il sociologo Giuseppe De Rita. "Cosa fa simili queste due figure? La capacità, la volontà, la testardaggine di entrambi a legittimare dall’alto l'omosessualità. Lentamente e da una posizione di grande peso culturale, questi due intellettuali impongono un profondo cambiamento alla società italiana. Si consolida l’idea che essere omosessuali non significhi essere poi così diversi. La fisiologia sociale della omosessualità è cambiata in Italia in maniera silenziosa, quasi naturale, attraverso le opere di Visconti e Pasolini".
Ci vuole un grande poeta per immergersi nella parola di Pasolini, lasciandosi alle spalle la sua drammatica vicenda umana e le interpretazioni sociali e politiche che solitamente tengono banco quando si parla di questo autore. Il poeta premio Viareggio 2012 Pierluigi Cappello, friulano di Chiusaforte, ci introduce a "L’usignolo della chiesa cattolica", la prima raccolta di versi di Pier Paolo Pasolini, “una pietra dura che poi una volta scalfita apre in tutte le direzioni poetiche che Pasolini condurrà e prenderà”. I versi dell’Usignolo nascono da una ferita, una lacerazione profonda che si fa domanda sul come vivere la vita, sospesi tra il limite della nostra corporeità e il nostro desiderio di infinito, tra angoscia e meraviglia.
Insieme a "L’usignolo della chiesa cattolica" di Pier Paolo Pasolini, anche "Il bambino bruciato" di Stig Dagermann e il grande classico francese "Nôtre dame de Paris" di Victor Hugo. Per i classici Eraldo Affinati racconta “Incendi” di R. Ford e per le novità Maria Agostinelli “Almanacco degli accidenti” di Ştefan Agopian.
Scrittori per un anno dedica due speciali all'India degli scrittori. Il documentario “Appunti per un film sull'India” che Pier Paolo Pasolini girò nel dicembre 1967 in vista di un film mai realizzato. Il documentario è introdotto dalle riflessioni di Giorgio Montefoschi e Dacia Maraini, che ricordano i loro viaggi in questo paese ricco di contraddizioni e raccontano aneddoti del viaggio fatto nel 1961 da Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini.
Un viaggio che diede vita a due libri che tradiscono i diversi approcci dei due scrittori: quello più razionale e freddo di Moravia con “Un’idea dell’India”, e quello invece più viscerale di Pasolini con “L’odore dell’India”.
Le Olimpiadi di Helsinki del 1952 e quelle di Roma del 1960 ebbero come cronisti d’eccezione, rispettivamente, gli scrittori Italo Calvino, per il quotidiano l’Unità, e Pier Paolo Pasolini, per la rivista Vie nuove. Qual è stato il rapporto dei due celebri letterati con lo sport? Di Calvino, che separava nettamente il lavoro di giornalista da quello di scrittore, il filmato ci presenta tra gli articoli da lui scritti in occasione delle Olimpiadi del 1952, quelli dedicati al grande campione finlandese del mezzofondo degli anni venti Paavo Nurmi ed al marciatore italiano Giuseppe Dordoni. Nel 1960, anno delle Olimpiadi di Roma, Pasolini inizia anche la prima esperienza cinematografica; in un’intervista, la direttrice di Vie nuove Maria Antonietta Macciocchi racconta come iniziò la collaborazione dello scrittore alla rivista, e quanto vera e intensa fosse la sua passione sportiva. Il filmato si chiude con le immagini di Pier Paolo Pasolini che gioca con gli amici una partita di calcio su un campo di Fregene.
Dacia Maraini: "L'idea sia di Pasolini che di Moravia è che lo scrittore sia un testimone. Non ha la verità rivelata ma ha la verità di chi assiste ai fatti della sua epoca".
In “Pasolini a Villa Ada” (Voland), Giorgio Manacorda dedica un tributo alla sua amicizia con Pier Paolo Pasolini. Manacorda racconta di aver conosciuto intorno a vent’anni Pasolini, in occasione di un incontro all’Associazione politica Nuova Resistenza, e di avergli chiesto, molto timidamente, se poteva fargli leggere le sue poesie. Da quel momento, tra il giovane scrittore romano e l’artista friulano nasce un legame, spezzato solo dalla morte violenta del secondo. Nell’intervista che ci ha rilasciato, Manacorda racconta questo incontro rivelatosi per lui fondamentale, spiega perché finora non ne aveva scritto, e si sofferma sul pensiero poetico di Pier Paolo Pasolini.
Lo scrittore Sandro Veronesi racconta l'emozione di aver dormito nella stanza di Pier Paolo Pasolini, circondato dai suoi libri.
Veronesi, nato a Prato nel 1959, ha esordito nel 1988 con “Per dove parte questo treno allegro”. Nel 2006 ha vinto il premio Strega con “Caos calmo”, poi diventato film per la regia di Antonello Grimaldi.