In Italia e in molte altre parti del mondo si celebra il primo maggio la festa del lavoro e dei lavoratori. Da cosa deriva la scelta di questa festività, che prima della seconda metà dell’Ottocento si era festeggiata nel mese di settembre. Tutto ha origine negli Stati Uniti, a Chicago. Il primo maggio 1867 viene approvata la legge per il tetto delle otto ore lavorative nella giornata, secondo il principio dei “tre otto”: otto ore di lavoro, otto di svago e otto per dormire. Fino ad allora le persone lavoravano anche fino a sedici ore al giorno, in pessime condizioni e spesso morivano sul luogo di lavoro. Il primo maggio del 1886 a Chicago un gruppo di lavoratori sciopera per il mancato rispetto dell’obbligo diventato legge dieci anni prima. La polizia interviene sparando sulla folla e due persone rimangono uccise. Ne scaturiscono ulteriori proteste che durano quattro giorni e culminano nella famosa manifestazione di Haymarket, la piazza del mercato delle macchine agricole a Chicago, nel corso della quale muoiono altre persone in seguito ad un’esplosione. Tre anni dopo, il 20 luglio 1889, durante il congresso della Seconda Internazionale a Parigi, si decide di promuovere in tutto il mondo la festa dei lavoratori il primo maggio, proprio in memoria dei morti delle manifestazioni di Chicago. In Italia la festa ricorre in questa precisa giornata dal 1891. Il Regime fascista abolisce la festività, facendola confluire nelle celebrazioni del Natale di Roma, il 21 aprile. Ripristinata nel 1945, due anni dopo la festa del lavoro diventa nazionale. Nei decenni il mondo del lavoro è cambiato e si è evoluto in tante accezioni differenti, ma il primo maggio rimane senza dubbio un’occasione concreta di riflessione e di confronto fra le parti, cercando di non dimenticare mai un’accezione di base ben esemplificata anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, del 1947: “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”.